Infortunio sul lavoro in pausa caffè, Cassazione: “Nessun indennizzo. A rischio e pericolo del lavoratore”
Nov 09, 2021 - Andrea Favicchio
La pausa caffè durante le ore di lavoro è ormai diventata abitudine di tutti. La legge, ovviamente, non prevede una pausa caffè vera e propria ma una pausa per staccare dal lavoro. Tutti i lavoratori, con orario lavorativo superiore alle 6 ore giornaliere, hanno diritto a una pausa pari a 10 minuti al giorno, a meno che non ci sia scritto il contrario sul proprio contratto.
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Se si lavora al videoterminale (cioè avanti ad un qualsia schermo),si ha diritto diritto a una pausa di 15 minuti ogni due ore: il datore di lavoro può però comunque far lavorare durante questi 15 minuti, adibendo al lavoratore attività che non comportino l’uso di apparecchiature dotate di schermo.
Incidente durante la pausa caffè – nessun rimborso al lavoratore
Ma se succede un infortunio durante la pausa caffè che succede? Ora abbiamo la risposta. Niente indennizzo per malattia né riconoscimento di invalidità per i lavoratori ai quali capita un infortunio mentre consumano il “rito” della pausa caffè in orario di servizio, anche se hanno il permesso del capo per andare al bar all’esterno dell’ufficio sguarnito di un punto ristoro.
A stabilirlo è la Cassazione che ha accolto il ricorso dell’Inail contro indennizzo e invalidità del 10% in favore di una impiegata della Procura di Firenze che si era rotta il polso cadendo per strada mentre, autorizzata, era uscita per un caffè.
Questo incidente dunque non rientra tra i caratteri dell’infortunio sul lavoro durante una pausa all’esterno dell’ufficio. La Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato dall’Inail e, decidendo nel merito, ha respinto le richieste della donna.
Il tribunale e la Corte d’appello di Firenze, invece, avevano accolto il ricorso della lavoratrice, osservando che la pausa “era stata autorizzata dal datore di lavoro” e che “era assente il servizio bar all’interno dell’ufficio“.
L’Inail, dunque, si era rivolto alla Cassazione, sostenendo che non possono essere ravvisati “nell’esigenza, pur apprezzabile, di prendere un caffè” i caratteri del “necessario bisogno fisiologico che avrebbero consentito di mantenere la stretta connessione con l’attività lavorativa“.