Napoli, il presidente della Corte d’Appello: “La camorra ha investito nelle mascherine”


La camorra investe nella pandemia. Leggerlo fa effetto, tuttavia non sorprende che le organizzazioni criminali sfruttino ogni occasione per incrementare i propri guadagni e riciclare denaro. In un periodo come quello attuale, dove i proventi da altre attività illecite sono diminuiti (si pensi al commercio di droga praticamente azzerato durante il primo lockdown) è questione vitale investire nei settori suscettibili del maggiore sviluppo. In tal modo, la camorra e le altre organizzazioni non potevano tralasciare il mercato delle mascherine.

Camorra e mascherine: gli enormi guadagni della criminalità

Nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario a Napoli, il presidente della Corte d’Appello Giuseppe De Carolis di Prossedi ha affermato che “È stato notato un notevole interesse da parte della criminalità organizzata per la distribuzione, produzione e commercio di dispositivi di protezione, in particolare mascherine chirurgiche e non, anche con vendite di grossi quantitativi a enti locali e ospedalieri. Questo affare garantisce spunti sia per il riciclaggio che per nuove fonti di guadagno”. La dichiarazione è stata riportata dal quotidiano La Repubblica.

Altro passaggio importante ha riguardato il tema giovani e la necessità di sconfiggere la camorra. Il Procuratore Generale Luigi Riello ha sostenuto: “Non siate indifferenti, non abbiate paura. Voi insieme a noi potete fermare questa feccia di assassini, di affaristi, di faccendieri, di vigliacchi che, se si sentiranno schifati, diciamolo brutalmente, senza perifrasi, se ne andranno via con la coda tra le gambe. Dimostriamo così che Napoli è grande. Bando a mandolini, chitarre, sceneggiate e oleografia stantia, largo ai fatti”.

Riello dimostra così di avere una particolare predilezione per la gioventù. Nella conferenza stampa precedente proprio alla cerimonia di apertura del nuovo anno giudiziario ha voluto scuotere le coscienze: “Napoli è l’unica città d’Europa, forse del mondo, in cui si può diventare un boss a 18 anni, in cui si possono compiere delitti efferati tra 15 e 18 anni e dove a 14 anni puoi essere un pusher. A tredici anni, in alcune realtà degradate del capoluogo e della sua popolosa provincia, si seguono modelli di vita ispirati al boss del quartiere. Ognuno faccia la sua parte, non bastano manette e processi. Servono lavoro e alternative per i giovani delle periferie degradate”.


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