Internet ha rivoluzionato molti aspetti della nostra vita, incluso il modo in cui ci relazioniamo con altre persone. Da quando sono spuntati fuori i social, queste piattaforme hanno preso il sopravvento nella comunicazione quotidiana: basta pensare che oggi nel mondo ci sono 4,6 miliardi di utenti attivi sui social, mentre nel 2012 erano solamente 2,17 miliardi.
Una spinta dovuta da un lato per via delle nuove generazioni che passano sempre più tempo in rete (circa 7 ore in media usando Internet in ogni sua forma), dall’altro perché ormai qualsiasi attività si può compiere online e usare la rete è diventato praticamente un obbligo.
La rete però nasconde molte insidie o almeno così siamo abituati a pensare: un po’ come alle generazioni passate veniva detto “non parlare con gli sconosciuti”, oggi viene detto ai giovani “attenzione a cosa fate su Internet”. Ma lanciare degli avvertimenti generici non funziona quasi mai e infatti nel 2022 i casi di bullismo online sono tornati ai livelli pre-pandemia e la cosa peggiore è che non tutti notano questi casi e chi li subisce non sa come difendersi.
Credere che il cyberbullismo che avviene sui social e sulla rete sia di gravità minore rispetto a quello che avviene nella vita reale è un grande errore. Anzi, in molti casi il cyberbullismo può diventare addirittura peggiore del bullismo nella vita reale e quasi sempre atti di bullismo online precedono atti di bullismo dal vivo.
Giusto per fare un esempio: preferireste ricevere un insulto faccia a faccia, davanti a un paio di persone al massimo oppure ricevere degli insulti davanti a un’intera piazza di persone, dove voi vi trovate sul palco e tutti vi stanno guardando?
I social, nel bene e nel male, funzionano come grandi megafoni per ogni messaggio che viene trasmesso. Nonostante esistano dei metodi per usare i social media in sicurezza, chiunque può pubblicare sul proprio profilo quello che vuole e chiunque può leggerlo e interagire con tale contenuto. Un aggravante dei social è che ormai le nuove generazioni usano social molto “visivi”, come Instagram e TikTok, app con miliardi di utenti nel mondo.
Ciò significa che ogni giorno una persona può pubblicare contenuti come immagini e video sul proprio profilo, esponendo sé stessa e il proprio corpo agli occhi di non solo amici, ma tantissimi sconosciuti. Un concetto che ha dato una forte spinta, in negativo, al “body shaming”: ovvero tutti quegli insulti e offese legate al proprio corpo, che sono uno dei peggiori tipi di bullismo online.
Il motivo è semplice: durante una fase delicata come quella dell’adolescenza, ragazzi e ragazze sono estremamente suscettibili a commenti legato al proprio fisico o modo di comportarsi. Inoltre, il loro corpo va incontro a grossi cambiamenti (crescita e pubertà) che non possono essere fermati. In un contesto del genere, ricevere degli insulti sul proprio fisico può essere devastante.
Disturbi d’ansia e dell’umore, calo di attenzione, tristezza e depressione: questi sono i problemi principali legati ai giovani vittime di cyberbullismo, che nei casi più gravi possono sfociare in gesti di autolesionismo, chiusura sociale o addirittura tentativi di suicidio.
Sfortunatamente la percezione esterna però è totalmente diversa: chi assiste a questi fenomeni di bullismo online e nella vita reale, crede che il problema sia “secondario”. Infatti, circa il 30% dei testimoni a un atto di bullismo lo ha considerato al pari di un insulto o un’offesa, come circa il 40% degli insegnanti nelle scuole (dati raccolti da una ricerca effettuata in Piemonte organizzata dall’Università di Torino e del Piemonte Orientale).
Da un’offesa online può nascere un mondo di bullismo: insulti ripetuti sui social che magari poi sfociano nella realtà, fino ad arrivare ad attacchi alla persona, anche fisici. Riconoscere questi casi non è così semplice, perché spesso i genitori non usano gli stessi canali di comunicazione dei propri figli o figlie, quindi non sanno né dove cercare, né come cercare.
Per chiarire il problema con un esempio, è come provare a cercare una nave in città: le barche viaggiano su altri canali di spostamento, ovvero mari e fiumi. In città, al massimo si incontrano auto e altri mezzi che si spostano sulle strade. Perciò proprio come è impossibile trovare una barca che naviga su una strada, per un genitore sarà impossibile scoprire se il proprio figlio è vittima di cyberbullismo se continua a cercare negli spazi sbagliati.
I social più usati dai giovanissimi sono due: Instagram e TikTok. Lasciate pure stare Facebook, che ormai non viene più usato da nessun giovanissimo (Facebook è il social della generazione dei millennials e altre generazioni precedenti, ovvero persone che oggi hanno in media minimo 23 – 30 anni di età o più).
Se non avete mai provato Instagram e TikTok, vi consigliamo di aprire un account gratuito anche solo per capire come funzionano questi social e vedere da vicino questi nuovi canali di comunicazione. Mettersi sullo stesso piano comunicativo dei propri figli è cruciale se si vuole capire come funziona il loro mondo e da dove possono arrivare problemi come quello del bullismo online.
L’altro step da compiere è instaurare un rapporto aperto con i propri figli: devono sentirsi liberi di poter parlare con voi di qualsiasi cosa, anche delle loro attività sui social. Magari potete iniziare voi la conversazione, usando come spunto di conversazione il fatto che vi siete aperti un account social e siete curiosi di sapere come funzionano e vorreste dei consigli. E ogni tanto potrete fare qualche domanda o commentare un qualche contenuto che avete visto su questi social.
L’importante insomma è far capire, in maniera indiretta, che voi siete coscienti dell’esistenza di questi canali di comunicazione e siete aperti a parlarne con i vostri figli e figlie. Poste queste basi, diventa molto più semplice magari provare a parlare di fenomeni come il bullismo online.
Per esempio, basterebbe dire di aver ricevuto uno strano messaggio da una persona sconosciuta, che era la prima volta che vi capitava e avete scoperto di poter eliminare il messaggio e bloccare la persona. In tal modo, potrete da un lato vedere quali sono le reazioni dei vostri figli (e se magari hanno qualche esperienza personale da raccontarvi in merito), dall’altro li renderete consci che esiste un modo per bloccare queste persone e non farsi più contattare.
È un processo che richiede sicuramente tempo, ma è il più efficace perché ogni account social è personale. Ciò significa che messaggi inviati direttamente al profilo dei vostri figli o figlie non possono essere visti da nessun altro (a meno che non siano dei commenti sotto delle foto). Inoltre, su social come Instagram è possibile anche rendere il proprio profilo “privato”: per vederlo e interagirci dovete prima inviare una richiesta di amicizia (il cosiddetto “follow”) e raramente i figli accettano di buon grado di farsi seguire dai propri genitori.
Esistono anche delle risorse online per comprendere meglio il fenomeno del cyberbullismo, capire come affrontarlo e anche sapere quali numeri contattare per avere maggiori informazioni e se necessario un aiuto concreto. Un consiglio finale che possiamo darvi è di non sottovalutare mai eventuali episodi di bullismo che accadono online, specialmente se è vostro figlio o figlia a farveli notare, e di chiedere aiuto a chi di dovere (dalla scuola fino alle forze dell’ordine) quando è necessario.