La pagina Facebook “Racconti anastasiani” ha ripubblicato un vecchio articolo, scritto da Francesco Corcione, dedicato ai vecchi ramai di Sant’Anastasia,nel vesuviano. Forse non tutti sanno che anticamente i ramai affollavano le strade della città, intenti a lavorare con il loro martello, con il quale battevano il rame e circondati dai loro mille e diversi attrezzi, quali basamenti di metallo, cesoie, bulini, scalpelli utilizzati per praticare le incisioni.
L’autore, dopo aver illustrato le origini e le mansioni del ramaio, ha cercato di spigare i motivi per cui l’attività non viene più esercitata. Furono gli Arabi, intorno all’anno mille, ad importare la lavorazione del rame nell’area di Nola e dell’agro vesuviano.
Utilizzavano questo materiale per realizzare stoviglie, contenitori ed altri oggetti d’uso quotidiano poiché aveva una consistenza più leggera della terra cottura, facilmente soggetta a rotture. Così i vesuviani iniziarono ad apprendere le tecniche di lavorazione, tramandate poi di generazione in generazione.
Fare il ramaio equivaleva ad imparare il mestiere da piccoli, in tenera età, con la consapevolezza di dover lavorare duramente, per molte ore, con un notevole sforzo fisico. Ogni futuro ramaio apprendeva i segreti del mestiere dal proprio genitore. Nulla era lasciato al caso, non era di certo un lavoro da poter improvvisare su due piedi.
Un vecchio ramaio, attraverso le sue parole, testimonia la grandissima fatica di questo lavoro “A volte dovevo stare seduto 12 ore per cercare con i vecchi ferri del mestiere, di dare forma e vita ad un oggetto, piegando e ripiegando il rame e ci si rompeva la schiena in questo modo per imparare a lavorare”.L’autore cita, inoltre alcuni ramai famosi: Miniero, Ragosta, Di Pascale e Magnetta.
Nel dopoguerra sono nate molte piccole industrie a conduzione familiare dove si lavorava il rame grazie ai macchinari ed all’intervento degli artigiani. Hanno avuto molta fortuna nel campo del commercio ed in particolare, negli anni ’60 e ’70, decretando un grande boom economico.
Oggi la figura del ramaio non è più in voga: non esistono scuole professionali che formano i giovani alla professione e le materie prime hanno un costo davvero alto. Un vero peccato per un patrimonio artigianale immenso, oramai completamente dimenticato, che un tempo rappresentò per il vesuviano motivo di orgoglio e ricchezza.