Diritti d’immagine, parla l’esperto: “Napoli apprezzabile, ecco perché in Italia nessuno lo fa”
Lug 16, 2016 - Salvatore Russo
Ad ogni sessione di calciomercato si apre il dibattito sui diritti d’immagine legato ai contratti stipulati dal Calcio Napoli. Da quando al vertice dell’azienda partenopea c’è Aurelio De Laurentiis, l’orientamento di spogliare i calciatori dall’utilizzo della propria immagine è diventato una regola.
Un’anomalia nel panorama calcistico italiano se si considera che, a parte la Juventus sporadicamente, solo la SSC Napoli pratica in maniera esclusiva questo tipo di operazione contrattuale ritenuta da molti addetti ai lavori un ostacolo all’arrivo di grandi campioni da sempre impegnati a monetizzare sfruttando al meglio se stessi come marchio.
Quando si parla di sfruttamento dei diritti d’immagine di proprietà esclusiva del calciatore, bisogna eliminare tutte quelle operazioni pubblicitarie nelle quali c’è un esplicito richiamo alla società di appartenenza (indossa la casacca del club, ad esempio). In quel caso, seppur l’atleta non ha ceduto i propri diritti, dovrà comunque richiedere il permesso della sua società. Diversamente quando è in abiti borghesi può decidere come sfruttare al meglio la sua immagine. Ciò accade nella maggior parte dei casi, quando le società non avocano l’utilizzo dell’immagine dei propri calciatori.
Per capirne qualcosa in più abbiamo chiesto il parere di un esperto del settore. L’ avvocato Cristiano Novazio di Milano che ha acquisito nel corso degli anni una notevole esperienza in materia di diritto sportivo assistendo società sportive ed atleti.
Qual è il fondamento giuridico dei diritti d’immagine?
La nascita si ha nella Formula 1. Nel calcio, in Italia, la prima è stata la Juventus e poi il Napoli che è l’unica nel nostro Paese ad imporre la totale cessione dei diritti. Si dice che potenzialmente tale pratica possa impedire l’arrivo di top players, ma nel caso del Napoli non è stato così (vedasi Cavani e Higuain). Sotto l’aspetto giuridico – aggiunge Novazio – parlare di cessione è un’espressione a-tecnica. Il diritto di immagine è un diritto della personalità e quindi inalienabile, non cedibile. E più corretto parlare di licenza in esclusiva ad utilizzare l’immagine e ciò avviene contestualmente alla stipula del contratto di prestazione sportiva.
Esistono una o più forme contrattuali?
Sono varie. Napoli a parte, a volte capita che si ci accordi in base a dei settori. Alcuni calciatori preferiscono utilizzare, direttamente o tramite proprie società commerciali, l’uso della propria immagine in un determinato ambito, concedendoai club l’uso della loro immagine per altri settori. E’ importante, al momento della stipula del contratto, stabilire esattamente cosa si cede e che tipo di uso si sta concedendo alla società.
Perché in Italia trova scarsissima applicazione e il Napoli ricava così poco?
Non conosco i conti del Napoli relativamente a questa voce. Fino a non molto tempo fa prevaleva, dal punto di vista giuridico così come nella prassi, una concezione personalistica del diritto di immagine, per sua natura incedibile e per questo motivo non veniva considerato in ottica contrattuale. L’orientamento si è modificato nel tempo sotto l’influenza americana (il cd right of publicity) e si è passati a considerare il diritto di immagine in ottica patrimoniale e quindi contrattuale. Ritengo che lo “scarso” utilizzo che se ne fa in Italia abbia anche una motivazione di tipo culturale e in questo senso il Napoli è apprezzabile dal punto di vista della strategia. In America questa tipologia di contratti esiste dagli anni ’60. C’è da dire, però, che i risultati in termini di fatturato delle società americane dipendono anche da altri fattori. In Italia le società, salvo poche eccezioni, non hanno stadi di proprietà e manca in generale quell’entertainment intorno all’evento sportivo che risulta decisivo per lo sfruttamento commerciale dei propri asset, tra cui appunto il diritto di immagine degli atleti.