Paese che vai polizia che trovi verrebbe da dire parafrasando un famoso detto popolare. Già, perché in Turchia, per la precisione ad Istanbul, martedì scorso gli agenti locali – almeno stando ai racconti dei tifosi azzurri presenti nella Capitale turca e poi all’interno dello stadio del Besiktas – non sembrano aver onorato la divisa che indossavano, avendo mostrato un comportamento quantomeno sopra le righe rispetto ai compiti loro spettanti. Avrebbero dovuto proteggere i tifosi del Calcio Napoli da violenze e furti, invece, ne sarebbero stati i principali artefici.
Sono diversi i resoconti riportati da alcuni napoletani volati in terra turca martedì scorso sui fatti avvenuti in occasione della gara di Champions League tra Beskitas e Napoli, valevole per la quarta giornata del girone. Tutti, però, hanno un punto in comune: l’atteggiamento esageratamente ostile e a tratti illegale mostrato dagli agenti del luogo nei confronti del tifo partenopeo. A partire dal fatto che nessun componente della Digos italiana ha avuto il permesso di scortare i sostenitori azzurri presso la “Vodafone Arena”.
Le prime avvisaglie, tuttavia, si sono palesate già in metropolitana, dove si è verificata la nota vicenda dell’aggressione gratuita ad un supporter azzurro: “C’erano tanti poliziotti in divisa e in borghese lì, ma quando il nostro amico è stato aggredito – racconta sulle pagine odierne de IlMattino.it un tifoso – nessuno ha fatto nulla per aiutarlo“.
“Sin dall’arrivo in aeroporto – denuncia un altro sostenitore napoletano di Capodimonte – abbiamo intuito l’ostilità dei poliziotti. Gli episodi si sono succeduti anche nel centro di Istanbul e fuori lo stadio, dove alcuni di noi sono stati fermati senza motivo, trattenuti e sottoposti a veri e propri interrogatori, quasi che fossimo terroristi“.
La denuncia più grave, però, riguarda quanto accaduto ai varchi d’ingresso dello stadio: “Siamo stati sottoposti a rigidissimi controlli, prima e dopo il varco d’ingresso, e costretti a svuotare le tasche lasciando in una cassetta trasparente oggetti personali, monete e finanche sigarette e accendini. A tutti sono state poi sfilate le cinture dei pantaloni. ‘Ve le ridaremo all’uscita’ ci è stato detto. Una volta sugli spalti ci siamo ritrovati quegli stessi poliziotti che fumavano le nostre sigarette e ci guardavano con aria di sfida“. Inutile dire che poi all’uscita non hanno ritrovato nemmeno i soldi e le cinture.