Serie A e diritti tv. Da anni si parla di modificare la spartizione degli introiti televisivi, troppo favorevoli alle big del nostro campionato. Una questione economica che, quest’anno, sembra aver creato un solco tra le squadre di testa e le ultime. Di fatto, sono praticamente già retrocesse tre squadre: Crotone, Palermo e Pescara, tutte del Sud, già penalizzate da condizioni economiche notoriamente più svantaggiate nel Mezzogiorno che, dunque, non vengono in alcun modo aiutate a essere più competitive. C’è quindi tutta una metà classifica fatta di squadre che non hanno più nulla da chiedere al campionato, già da gennaio.
Da qui le proteste di Tommaso Giulini e Fabrizio Corsi, proprietari di Cagliari ed Empoli: “È ridicolo pensare che la riduzione a 18 squadre sia la ricetta giusta per risolvere la crisi della serie A – spiega Corsi a La Gazzetta dello sport – La vera questione è la distribuzione dei diritti televisivi. Possibile che la Juve incassi 105 milioni e il Crotone 19? Date dieci milioni in più al proprietario del club calabrese e la squadra di Nicola oggi avrebbe 7-8 punti in più in classifica“.
Lo scorso 25 novembre è stata votata all’unanimità – quindi da tutte le squadre di Serie A – la spartizione dei diritti tv per il triennio 2018-2021. La quota incrementale di 25 milioni per la stagione in corso e di 50 milioni per la prossima, sarà divisa per il 40% tra tutte e 20 le squadre di Serie A (circa 500 mila euro in più a testa) e il restante tra le formazioni che si qualificheranno tra il quarto e il diciassettesimo posto in classifica, visto che le prime tre potranno godere dei proventi derivanti dalla qualificazione in Champions League, mentre le ultime tre potranno avvalersi del contributo del “paracadute”.
Da anni si parla di applicare il cosiddetto modello inglese anche alla Serie A. Non ci sarebbero più differenze elevate tra grandi e piccole squadre. Un modello che andrebbe a svantaggio soprattutto delle grandi squadre, compreso il Napoli. Quest’anno, la squadra partenopea incasserà una cifra vicina ai 70 milioni, che potrebbe aumentare in base al piazzamento in classifica ed i risultati sportivi a fine stagione. Il paradosso del modello attuale è che per le piccole squadre è economicamente vantaggioso retrocedere, dal momento che potranno godere del cosiddetto “paracadute”.