Uno dei simboli del calcio pulito, esempio di sport e umanità. La storia di Armando Izzo è di quelle da film di Hollywood, troppo bella per essere vera. Nato e cresciuto a Scampia, Izzo ha fatto tutta la trafila delle categorie calcistiche, fino ad arrivare a giocare in Serie A. Un orgoglio per Scampia e per Napoli. Anche in quartieri difficili, c’è la possibilità di realizzare i propri sogni. E Izzo ne è la dimostrazione. Recentemente, si è concesso in un’intervista alla Gazzetta dello Sport. Alla rosea, il genoano ha raccontato delle sue peripezie, dell’incontro con Mazzarri e della sua famiglia.
“Sono cresciuto a Scampia: papà lavorava anche 18 ore al giorno per garantirci una vita quasi normale. Poi una leucemia fulminante lo ha stroncato in due mesi – racconta Izzo – Aveva 29 anni, mia mamma 27 e io quasi 10. Sul letto di morte teneva stretto i miei 3 fratelli, tutti più piccoli. Stavo sulla porta, cercavo di non piangere. Da lontano mi ha fatto un cenno con la mano: diventavo il capofamiglia, altro che studiare. E infatti sbaglio i congiuntivi. Comunque, senza lo stipendio di papà siamo precipitati in miseria. Per mesi la mia cena è stata latte e pane duro. Saremmo finiti in braccio alla camorra, sempre in cerca di manovalanza, senza due miracoli”
Il calcio, lo ha salvato: “Io col pallone ci sapevo fare: a 14 anni dalla squadra di Scampia passai al Napoli. Mamma diceva: “Ho sognato papà, aveva ali grandi. Dice di stare tranquilli: diventi calciatore”. Non è stato semplice. In estate facevo i tornei dei quartieri, girano parecchi euro. Partecipano calciatori veri, persino i campioni. Tutti fanno finta di non sapere che di mezzo c’è certa gente”. Prosegue: “A 16 anni il Napoli mi passava 500 euro al mese. A questo si aggiungeva l’aiuto del mio procuratore, Paolo Palermo. Poi divento capitano della Primavera: Mazzarri mi porta in ritiro e quando vede che corro con le scarpe tre numeri più grandi, dà dei soldi al massaggiatore e gli dice di accompagnarmi in paese per prendermi quelle che preferivo. Il resto è frutto di sudore e ancora sudore. Triestina, Avellino, Genoa e Nazionale. Poi un boss si pente e sostiene che ero a sua disposizione da sempre“.
Quando era in Irpinia, Izzo si sarebbe messo a disposizione del clan aiutandolo ad alterare i risultati delle gare contro Modena e Reggina del maggio 2014: c’è il rischio di una squalifica di 3 anni per l’ex Avellino, che alla Gazzetta si difende: “Sa come mi chiamano nelle intercettazioni questi signori? L’ignorante. Dicono: “Oh, l’ignorante non deve sapere nulla perché Avellino-Reggina la fanno i senatori”. Questo perché nel 2014 ero un novellino in uno spogliatoio con gente come Castaldo, Biancolino, Millesi. Ma non è questo il punto: hanno ragione, sono ignorante. Non mi vergogno“.