Togliete un sogno ad un bambino e ve ne pentirete per sempre. Date la maglia numero 10 a Insigne e scoppia il dibattito. Se n’è parlato già in passato e dopo averlo visto in azione con quel numero in Nazionale l’argomento è ritornato attualissimo.
La maglia numero 10 nel calcio racconta tutto: genio e fantasia, magie e gol da stropicciarsi gli occhi. A Napoli assume i connotati della sacralità, il vestito indossato dal Dio. Guai a toccarla. Eppure Maradona prima di lasciare quella casacca indicò alla dirigenza il suo erede: Gianfranco Zola, il primo ad avere l’onore di vestirsi con i panni di Maradona.
Il sogno per ogni bambino napoletano è di ripercorrere le gesta dell’argentino, di vincere uno Scudetto e forse indossare quella maglia che narra di imprese memorabili. E’ il sogno di Insigne.
Da Zola al Pampa Sosa, sono 7 i calciatori ad averla indossata. La maglia fu ritirata ufficialmente nel 2000 ma fu ristampata negli anni che vanno dal 2004 al 2006 per motivi di regolamento. La numerazione fissa in Serie C e Serie B lo imponeva. In quei tre anni fu l’argentino Sosa a onorarla. Fu insignito dalla società perché il primo calciatore ad accettare di partecipare al nuovo progetto Napoli dopo il fallimento.
Zola, il primo in assoluto dopo Diego, la portò nella stagione ’92-’93. Dopo di lui interpreti quasi dimenticati: Fausto Pizzi nel ’95-’96 e il brasiliano Beto nella primavera successiva. Poi toccò al duo Protti e Bellucci, negli anni che segnarono l’incubo della Serie B. Durante la risalita in Serie A oltre al Pampa Sosa, fu Mariano Bogliacino ad infilarsela segnando anche l’ultimo gol della storia del Napoli con quel numero in una Napoli-Spezia valevole per la finale della Supercoppa di C.