Ora è il tempo delle polemiche, dei “se”, dei “ma”, e delle responsabilità. L’Italia fuori dal Mondiale è una “catastrofe” (parafrasando l’opinione comune) calcistica e, secondo molti, anche sociale. Volendo tralasciare, pur senza sminuire, i discorsi sull’arretratezza del nostro calcio, sulla sua paralisi che ormai dura da anni, sulla trascuratezza dei settori giovanili, su una rosa che ha dei limiti evidenti, ci sono altrettante colpe, o meglio, scelte opinabili che hanno inevitabilmente indirizzato il destino della Nazionale verso uno dei punti più bassi della sua storia.
E (non per fare i napoletani) il principale e grave errore di Ventura è stata l’esclusione reiterata di Lorenzo Insigne. Solo pochi minuti nella gara d’andata con la Svezia, nessuno ieri a San Siro. L’attaccante italiano (e forse non solo italiano) più in forma del nostro campionato tenuto fuori per motivi sconosciuti e incomprensibili a tutti.
Giornalisti, opinionisti, allenatori, ex calciatori, tutti, in coro e all’unisono, hanno invocato la presenza dell’attaccante partenopeo alla vigilia di questa gara che valeva molto di più di un cartellino da timbrare in Russia. Ma, ancora una volta, Insigne è stato sacrificato sull’altare di un modulo, il 3-5-2, impresentabile e senza capo né coda.
Nella prima puntata della doppia sfida con la Svezia, Insigne era stato buttato nella mischia per pochi minuti ma in una posizione non sua: non da ala, e nemmeno da seconda punta o da trequartista, ma interno al posto di Verratti. Una scelta assurda, quella del ct italiano, che pur di non cambiare i numeri, non ha saputo valorizzare i talenti in rosa.
Ventura è apparso in questi mesi fermo su alcune decisioni e al contempo assolutamente incapace di risolvere i problemi che gli si presentavano. Le pressioni esterne, però, non hanno smosso il suo credo e nemmeno condizionato le sue manovre di formazione. Eppure stavolta sarebbe stato meglio lasciarsi influenzare e consigliare, visti i risultati scadenti a cui hanno portato le sue convinzioni.
E invece, anche ieri, quando ha chiesto a De Rossi di entrare e questi gli ha risposto che bisognava vincere, e non pareggiare, indicando Insigne e spingendo per il suo ingresso, il ct italiano non lo ha considerato, buttando nella mischia El Shaarawy, Belotti e Bernardeschi.
Oggi, nel day post, la sensazione prevalente è rabbia mista a sbigottimento, perché i segnali negativi c’erano tutti da tempo ma la Federazione non ha fatto nulla per evitare che l’incubo si materializzasse. E a questo si è aggiunta la cocciutaggine senza giustificazioni di un allenatore che ha tenuto nello sgabuzzino il suo giocatore migliore, che avrebbe potuto regalare un po’ di fantasia ad una squadra anonima che ora piange per la vergogna di un’Italia intera.