Cuore andaluso, ritmo caliente. Se cercate Fabian Ruiz, provate nei pressi del cerchio di centrocampo. In quale zona esattamente non si sa. Lo riconoscerete per l’innumerevole quantità di palloni che riesce a toccare nell’arco dei novanta minuti: per quelli sprecati vi basterà una mano sola. Già, perché nonostante la sua giovane età (22 candeline spente lo scorso aprile) il centrocampista del Betis Siviglia è uno di quelli che smista palloni a destra e a manca (mediamente 61 palloni giocati a partita), che detta i tempi, si inserisce e che non disdegna nemmeno l’apporto in fase difensiva.
Un metro e novanta (per 70 kg) di classe, testa e versatilità calcistiche cresciuti lì dove il ritmo un po’ nostalgico e allo stesso tempo frenetico del flamenco è religione. L’Andalusia, insomma, lo ha già abituato al binomio sacro-laico e alle contraddizioni inscindibili, tipiche anche della città che sembra possa presto accoglierlo, Napoli. Perché dopo il tango argentino di Maradona, il San Paolo è pronto a ballare un’altra celeberrima danza, almeno stando alle ultimissime parole del patron azzurro Aurelio De Laurentiis.
Fabian Ruiz l’ha imparata a Los Palacios y Villafranca, a pochi chilometri da Siviglia, nel cuore dell’Andalusia, dove è nato il 3 aprile 1996. Da allora ha sempre indossato i colori bianco e verde del Betis, in barba al più celebrato Siviglia. Per l’esattezza è il 2015 quando inizia la sua carriera professionistica, dopo aver militato nelle giovanili e nella squadra B del club spagnolo: qualche spicciolo di partita prima della promozione a titolare fisso nell’anno successivo.
La crescita viene leggermente frenata nella stagione 2016/17 con l’arrivo di Poyet sulla panchina dei Beticos, allenatore troppo prudente e difensivista per le sue caratteristiche, che lo porta ad una necessaria cessione in prestito per 6 mesi all’Elche, in Segunda Division. Questo rallentamento sembra avere, però, un effetto galvanizzante sul ragazzo: all’Elche gioca bene e dalle parti del Benito Villamarín la cosa non passa inosservata. Un’enorme versatilità, accompagnata da una notevole maturità per un ragazzo di soli 21 anni, lo renderanno, infatti, il giocatore perfetto su cui basare l’ambiziosissimo progetto del Betis versione 2017-18.
Al suo ritorno a casa trova pronto ad accoglierlo l’allenatore perfetto per le sue caratteristiche, Quique Setién, l’uomo che solo qualche mese prima aveva incantato tutta la Liga con lo spettacolo del suo Las Palmas. Setién ha delle idee calcistiche molto chiare, che si sposano a meraviglia con il giocatore che è diventato Fabián Ruiz: nel suo calcio basato sul palleggio e sulla gestione quasi maniacale degli spazi serve un giocatore universale, capace di essere mezzala, trequartista e pure regista e l’andaluso sembra essere nato per ricoprire questo ruolo.
Non ha una posizione ben definita, ma viene messo nelle condizioni di essere sempre e comunque al centro della manovra, toccando il pallone praticamente in ogni azione offensiva dei suoi. E’ il metronomo della squadra ed ha una “mancanza” di ruolo che lo rende formidabile: sa essere sia un 10 che un 8. Setién ha estrapolato la sua natura spagnola/andalusa del gioco tutto tecnica e palleggio, unendola ad uno stile di gioco quasi box–to–box. E’ difficilissimo da leggere per le difese avversarie, con questa sua grande capacità di far male pur partendo da lontano, ed è importante per i suoi facendo anche da “tappabuchi” all’evenienza.
Inoltre, nonostante la sua giovane età, può già vantare 100 presenze, condite da 7 gol e 9 assist.