Il mondiale appena finito sembrava aver messo fine a ogni confronto tra i due fenomeni del calcio di oggi, Cristiano Ronaldo e Messi, e il Pibe de Oro, Diego Armando Maradona. Diego fu in grado di vincere il mondiale del 1986 praticamente da solo, con una squadra buona ma non eccezionale, oltre a portare due scudetti e una Coppa Uefa a Napoli.
Tuttavia, la Gazzetta dello Sport si è sentita in dovere di paragonare ancora una volta il Dio del calcio ai mortali. Perché, per quanto CR7 sia un giocatore straordinario, attualmente il più forte del mondo, non è grande quanto Diego: “L’arrivo di Cristiano Ronaldo non ha gli stessi contenuti sociali, è decisamente molto più glamour (confrontare le due «mise»: Maradona in tuta e CR7 in abito griffato) e meno sguaiato. Ma alla base di entrambe le storie c’è sempre lo stesso ingrediente: la passione della gente. Quella, passeranno i decenni, i secoli, persino i millenni, non muterà mai perché di un eroe al quale affidare le nostre speranze tutti abbiamo bisogno”.
Forse qualcuno ha dimenticato il calcio è uno sport che si gioca su un campo di colore verde, non una sfilata sul tappeto rosso.
Ma cos’hanno in comune la presentazione di Maradona e quella di Cristiano Ronaldo? Diego fu accolto da un San Paolo gremito e diede subito spettacolo davanti a decine di migliaia di napoletani. Ovvio che stesse con la tuta. Il Ronaldo in abito elegante, invece, è la tipica immagine da stile Juventus che non si sbottona, anonima, in bianco e nero.
Della presentazione di Maradona sono sopravvissuti video e foto memorabili, che sono stati materiale per trasmissioni televisive e mostre museali. Cosa sopravviverà della presentazione di Cristiano, a parte i cori razzisti contro i napoletani? E dunque no, Maradona non si può paragonare a nessuno. Parliamo del Maradona calciatore, mentre sul Maradona uomo non saremo noi a scagliare la prima pietra.
Neanche la portata dell’arrivo dei due calciatori nelle loro squadre è paragonabile. Maradona scappava da Barcellona, dove era un “sudaca”, ovvero l’equivalente di un “terrone” per un razzista che vive al Settentrione. Cristiano, al contrario, a Madrid era osannato. Le ragioni dell’addio non sono le stesse, ed infatti Maradona riuscì a calarsi in modo perfetto nella realtà sociale partenopea.
Il Sud non aveva mai vinto niente e, per la prima volta, con Diego riuscirà a ribaltare il potere costituito e a volte umiliare le 3 grandi del Nord. Senza parlare del Gol del Secolo e della Mano de Dios, entrambe le reti segnate nella medesima partita contro l’Inghilterra, in un momento di grande scontro tra inglesi e argentini appena usciti dalla guerra per le Isole Falkland. “Chi ruba a un ladro ha cent’anni di perdono”, così commenterà Diego parecchi anni dopo.
Insomma, Maradona non solo è stato una grande in campo, ma le sue gesta sportive sono sempre state un riscatto per i popoli che rappresentava e difendeva, dentro e fuori dal campo. “Ora vado a vendicare i Napoletani”, disse e segnò due gol al Verona i cui tifosi stavano sommergendo i partenopei di cori razzisti.
Sempre sul Verona: “Ci ricevettero con uno striscione che mi aiutò a capire di colpo che la battaglia del Napoli non era solo calcistica: “Benvenuti in Italia” diceva. Era il Nord contro il Sud, i razzisti contro i poveri. Chiaro, loro finirono vincendo il campionato e noi… Ma quello striscione di Verona che mi aveva colpito nella mia prima partita della carriera in Italia, non lo avevo dimenticato”.
Su una vittoria contro la Juventus: “C’era la sensazione che il Sud non potesse vincere contro il Nord. Andammo a giocare contro la Juve a Torino e gliene facemmo sei: sai che significa che una squadra del Sud gliene mette sei all’avvocato Agnelli?”.
Diego era Diego e nella sua rivoluzione non usava pistole e fucili, ma il piede sinistro.