Chi si ritiene soddisfatto del mercato del Napoli alzi pure la mano. Su di una platea di migliaia di tifosi, in pochi accompagneranno con coraggio un gesto tanto semplice da eseguire quanto complicato in tal contesto. Aurelio De Laurentiis quest’estate si è superato scontentando quasi tutti. Dai curvaioli che non gli hanno risparmiato la tradizionale contestazione estiva con l’esposizione di striscioni in città, ai tifosi più moderati. Anche tra quelli che guardano da esperti economisti al bilancio del Napoli e ai risultati positivi della gestione aureliana.
Eppure questo calciomercato pone una serie di interrogativi che se non trasformati in punti esclamativi metteranno in seria di difficoltà la squadra nel tentativo di riprovare a replicare i risultati della scorsa stagione. La differenza non la fanno soltanto i milioni investiti, perché tolta la Juventus, le altre tra entrate ed uscite hanno mantenuto un regime d’investimento piuttosto basso.
Ma le operazioni Higuain al Milan, Nainggolan e De Vrij all’Inter, Pastore alla Roma appaiono come un pugno forte indirizzato allo stomaco del Napoli. Le dirette concorrenti per la Champions si rinforzano con calciatori affermati, con sicurezze. Niente scommesse. Il club di De Laurentiis, invece, ha operato in senso opposto puntando su giovani pronti ad esplodere come Meret, Ruiz e Verdi sostituendo delle garanzie come il discusso ma sempre affidabile Reina e Jorginho.
Ma la mano di poker più rischiosa di questo calciomercato si è giocata in attacco. De Laurentiis ha fatto all-in su Milik confidando nelle sue potenzialità finora inespresse. A Carlo Ancelotti l’ingrato compito di ripercorrere le orme di Sarri con una rosa collaudata ma meno esperta. Il campo dirà se anche meno forte.
Il malcontento generale dipende sostanzialmente da uno stato emotivo, non dal ragionamento. Gli acquisti di Ronaldo e con le milanesi più forti sembrano mettere in pericolo il ruolo di antijuve che il Napoli si è saputo ritagliare nelle precedenti stagioni. Ed ora anche il piazzamento Champions sembra vacillare. E potrebbe accadere se le variabili Meret, Ruiz e Milik non dovessero rispettare le aspettative del club.
La società dimostra ancora una volta una coerenza strategica. Che piaccia o meno la linea definita anni fa, viene seguita come un dogma. Valorizzazione del parco giocatori in primis, acquisti di giovani pronti ad esplodere in secundis. Il modus operandi del club è chiarissimo fin dal principio, da quando sbarcarono in infradito Hamsik e Lavezzi. La parentesi Higuain resta tale, giunta solamente a margine di una ricca cessione come fu quella di Cavani.
Piaccia o meno l’impresa Napoli agisce secondo uno spartito ben definito, dovendo fare i conti con un fatturato che resta inferiore a quello di Inter e Milan. Ed è sempre bene ricordarselo. Perché se è ingiustificato e quasi offensivo richiamare alla mente che non c’erano i palloni come spesso sottolinea il presidente è anche vero che la storia del club non può essere archiviata come passato remoto.
La bacheca è semivuota, mentre luccicano quelle che rappresentano i club del nord. Il calcio va coniugato con l’economia di un Paese, è un fenomeno sociale non soltanto uno sport. E se gli scudetti sono finiti in gran parte tra Lombardia e Piemonte risulta evidente che allo stato attuale Napoli, Roma e il sud sono condannati a partire in seconda fila e provare il sorpasso nell’ultima curva, senza pit-stop, con gomme ormai usurate. Nel calcio vince quasi sempre il più ricco, i risultati parlano chiarissimo. E la Napoli città e De Laurentiis non lo sono.