Dopo la sconfitta in Europa League contro lo Spartak Mosca, ora tocca alla squadra. Quella di ieri è stata una battuta d’arresto che potrebbe far vacillare le certezze o aumentare la carica agonistica in vista della partita di domenica contro la Fiorentina. Perdere una gara può capitare durante un percorso lungo circa 9 mesi. Anzi, può aiutare a restare concentrati, a ricordarsi che 6 vittorie consecutive in campionato non vogliono dire nulla. Sbagliando si impara, perdere (ogni tanto) fa crescere.
Negli anni le sfide contro la Fiorentina al Franchi non sono mai state banali, né per l’importanza della gara né per quello che si è visto in campo. Mai quindi sottovalutare un rivale che sulla carta è meno forte, vedi lo Spartak ieri. Tra i vari precedenti, ricordiamo la complicata vittoria della scorsa stagione per 0-2 alla penultima giornata, che sembrava essere la partita del quasi ritorno in Champions, salvo poi vanificare tutto contro il Verona. Ricordiamo anche un pirotecnico 3-4 per il Napoli alla prima di campionato del secondo anno della gestione Ancelotti. Ma più di tutto, il tifo azzurro ricorderà il Franchi come lo stadio della fine del sogno Scudetto nel 2018. Un sogno infranto in hotel, che ora è stato cambiato. L’Inter-Juventus del 28 aprile, finita con la vittoria dei bianconeri tra polemiche che ancora oggi continuano per la mancata espulsione di Pjanic, tagliò le gambe ai calciatori azzurri. Un 3-0 secco, complice anche l’espulsione di Koulibaly dopo pochi minuti. La sconfitta non permise al Napoli di restare in scia dei bianconeri, salutando non matematicamente, ma mentalmente, il sogno. Un 3-0 che ci dimostra come la testa, soprattutto nello sport, qualche volta conti più di tecnica e tattica. Infatti prima della fatal Firenze, nelle precedenti 30 trasferte a cavallo di due stagioni, il Napoli di Sarri era rimasto imbattutto, inanellando una serie di 24 vittorie e 6 pareggi per un bottino di 78 punti. Un campanello d’allarme che servirà per la gara di domenica.
Quella di domenica alle ore 18 al Franchi di Firenze non è una gara da sottovalutare. La viola, che l’anno scorso è arrivata tredicesima con soltanto 9 partite vinte, quest’anno viaggia ad una media da Champions. L’arrivo di Italiano, in estate accostato al Napoli dopo l’addio di Gattuso, ha evidentemente oliato i meccanismi di squadra, ma non solo. La conferma di un bomber come Vlahovic, l’innesto di giocatori come Gonzalez, Torreira e Odriozola, e la rinascita di Callejon e Bonaventura, hanno per ora creato un mix tra giovani e giocatori di esperienza che sta pagando. Sono infatti già 4 le vittorie in campionato (2 le sconfitte contro Roma e Inter, che hanno comunque dovuto sudare per portare i 3 punti a casa). Praticamente quasi la metà di quelle della scorsa stagione.
Lo stato di forma della Viola rende la partita ostica. Sarà dunque un banco di prova importante per il Napoli, anche se la Fiorentina non può essere considerata al livello delle big. Ma il livello degli avversari si sta alzando col passare delle giornate. È come trovarsi all’interno di un videogioco, in cui il livello del protagonista aumenta di pari passo con le sfide da affrontare, per poi arrivare al ‘boss’ finale (tra novembre e dicembre gli azzurri sfideranno Inter, Lazio, Atalanta e Milan).
Sarà un test significativo anche per gli avversari, come ha da poco dichiarato Saponara, giocatore della Fiorentina: “Il Napoli non lo scopriamo certo oggi e il mister ci ha detto di tenerlo d’occhio sin dalla prima giornata. Andremo ad affrontare la squadra che forse ora sta meglio e sarà per noi un partita probante e molto stimolante, ci dirà se possiamo competere con squadre di quel livello.” Il fatto che la Fiorentina stia pensando alla sfida col Napoli già dalla prima giornata è un chiaro segnale di come gli azzurri siano un gruppo che merita particolare attenzione quando deve essere affrontato. E le 6 vittorie su 6 ne sono una prova.
Da quella stagione il Napoli è cambiato inevitabilmente. Sono passati tre anni e mezzo, tre allenatori e decine di calciatori. Ma l’idea di gioco e l’ossatura della squadra in un certo senso restano le stesse: calcio offensivo con un 4-3-3 o 4-2-3-1; Koulibaly, Mario Rui, Zielinski, Insigne, Mertens. Ed è per questo che il parallelo con quella stagione esiste ed è evidente. Anche in quell’occasione il Napoli partì col botto, con una serie di ben 8 vittorie consecutive (che ancora oggi resta il record azzurro). Oggi gli uomini di Spalletti sono fermi a 6 ma possono contare su un attaccante in più, Osimhen che ormai è diventato il goleador di questa squadra. Anche Anguissa ha ridato equilibrio, essendo un centrocampista che fornisce aiuto sia in fase difensiva che offensiva. Inoltre la squadra ha più consapevolezza nei propri mezzi e ha imparato da alcuni errori. Sperando che Firenze non sia ancora una volta fatale per il destino del Napoli, anche se in questo caso niente sarebbe compromesso.
La differenza è che quest’anno l’obiettivo dichiarato è la Champions League. Giusto così dato che si arriva da un quinto posto e attualmente la rosa non è lunghissima. Non conviene addentrarsi in complicati discorsi Scudetto. La partita di ieri contro lo Spartak ci ricorda che basta un episodio per compromettere una partita intera. Quindi per questioni da tricolore ci risentiamo a gennaio, forse…