Acerbi, ma cosa dici: “Non c’è paragone con il cancro, quella è stata una passeggiata”


“Ho avuto più paura adesso, per le minacce dopo il caso Juan Jesus, che quando ho avuto il cancro”. Inizia così la pubblica difesa che Francesco Acerbi ha affidato alle colonne del Corriere dello Sport, per togliersi da dosso il marchio a fuoco del razzista con cui è stato bollato in queste settimane dopo la vicenda che lo ha visto coinvolto in Inter-Napoli.

Acerbi risponde alle accuse di razzismo: “Ho avuto più paura adesso che quando ho avuto il cancro”

Una partita che ricorderà per sempre il calciatore brasiliano Juan Jesus, insultato dal nerazzurro in maniera discriminatoria, e che adesso vede il mondo essersi completamente ribaltato dopo la scioccante sentenza assolutoria del giudice sportivo.

Queste le parole di Francesco Acerbi sulla vicenda: “Non c’è paragone con la malattia, quella in confronto è stata una passeggiata, non ho avuto paura. Invece l’accanimento atroce che ho visto nei miei confronti in questi giorni mi ha ferito. Ho fatto tanto per togliermi l’etichetta che avevo quando ero più giovane e diventare un esempio di costanza e professionalità e ho rischiato di perdere tutto in un attimo”.

“Sono triste e dispiaciuto: è una vicenda in cui abbiamo perso tutti. Quando sono stato assolto, ho visto le persone attorno a me reagire come se fossi uscito dopo dieci anni di galera, molto contente di essere venute fuori da una situazione del genere: sono state giornate molto pesanti. Parlo solo oggi perché avevo fiducia nella giustizia e non volevo rischiare di alimentare un polverone che era già enorme. Adesso che c’è una sentenza, vorrei dire la mia, senza avere assolutamente nulla contro Juan Jesus, anzi è il contrario perché sono molto dispiaciuto anche per lui. Ma non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco. E non si può continuare a farlo anche dopo che sono stato assolto”.

“Non c’è stato nessun razzismo in campo e io non sono una persona razzista: il mio idolo era George Weah e quando mi fu trovato il tumore ricevetti una telefonata a sorpresa da lui che ancora oggi mi emoziona. Si sta solo umiliando una persona, massacrando e minacciando la sua famiglia, ma per che cosa? Per una cosa che era finita in campo e nella quale il razzismo non c’entra nulla. Il razzismo purtroppo è una cosa seria, non un presunto insulto”. 

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