Andrea Bosello e Andrea Cini, regista e co-producer del film scudetto “Sarò con te”, hanno presentato alla stampa la loro opera.
Nicola Lombardo: “Per la prima volta in Italia, non all’estero, le telecamere sono entrate davvero all’interno, del centro sportivo e degli spogliatoi, non c’è nulla di finto o costruito in quello che voi vedrete. Questo anche grazie alla disponibilità di Spalletti che ci ha agevolato in un momento delicato. Un altro allenatore avrebbe detto di no. Sarà successo solo una o due volte di bloccare le riprese perché c’era qualcosa da non far vedere”.
Andrea Bosello: “Non è un film prodotto dal Napoli, è un film fatto da documentaristi, che hanno avuto libertà assoluta. Il presidente ha avuto l’intelligenza di lasciare a noi la libertà creativa. Tutto ciò che vediamo è veramente accaduto. La storia la conoscete, sapete come va a finire, ma il punto di vista è lo spogliatoio, non solo del Maradona o di Castel Volturno. C’è anche il pullman che è un altro luogo. Vedrete i pensieri dei protagonisti. E soprattutto di Luciano Spalletti, il protagonista, anche per il carattere peculiare, un carattere di campagna, un contadino come ama definirsi, un uomo di sport. L’altroa protagonista è la città, che è nelle trame del racconto”.
Spalletti: “Sono venuto a Napoli per provare a fare qualcosa di straordinario, che restasse nel cuore dei napoletani, si è lottato per questo sin dal primo momento senza mai accontentarci”.
De Laurentiis: “Ho sempre interpretato il ruolo dell’imprenditore, investire denaro, amore, intelligenza, vivo con impegno la mia professione. Io non conoscevo assolutamente il gioco del calcio, ma alcuni giocatori più importanti della storia del Napoli li ho portati io. lo stesso Spalletti non l’ha portato il ds, a me era sempre piaciuto per il suo carattere, uno che ha gli attributi”.
“L’antagonista sono gli avversari, ma lo Scudetto è stato vinto facilmente, talmente fantastica è stata la cavalcata. Gli antagonisti sono alcuni momenti in cui s’è arresa alla sconfitta. Il presidente è il motore della storia, ma è presente solo all’inizio, innesca la storia con la frase sullo Scudetto, non è un antagonista, assolutamente”
“La genesi nasce da lontano, con Filmauro ho scritto una serie sui 7 anni di Diego a Napoli, a cui stiamo ancora lavorando. Ne abbiamo parlato spesso, come sarebbe in caso di Scudetto? Perché non mettere le telecamere nei posti giusti? Non succede da intere generazioni. L’idea è stata sposata da Luigi ed Aurelio, lo spogliatoio di una squadra di calcio è veramente delicatissimo, ha gerarchie, pieno di tensioni, una telecamera cambia l’atmosfera e siamo entrati piano piano, attraverso l’occhio di una persona, seguendo le nostre indicazioni. Ci siamo accorti che gli estranei a quella famiglia possono smuovere sentimenti… poi siamo diventati parte di questa famiglia”.
Andrea Cini: “La prima volta eravamo vestiti così e venivamo percepiti come alieni, per stare lì dentro ci siamo vestiti anche come loro e dalla volta successiva eravamo in tuta, era già diverso”.
“Noi veniamo da 15 anni di storia a National Geographic, i fatti prima di tutto, racconto e intrattenimento. I caratteri emergono, i confilitti naturali vengono fuori nella storia. Qualcuno ha subito la telecamera recitando? Viene espulsa naturalmente nella selezione, per montare un’intervista buona di qualche minuto servono 3 ore di materiale. Poi anche i più timidi entrano in un percorso e raccontano qualcosa di sincero. I calciatori hanno un loro linguaggio, sanno che non possono spostarsi troppo, ma stavolta hanno provato ad esprimere le loro emozioni. Nei documentari odierni si racconta qualcosa di 20-30 anni prima, loro invece l’hanno raccontato con aderenza temporale”.
“Noi scrivevamo attendendo la storia di ogni domenica, ma Nicola Lombardo me lo chiedeva: se non vinciamo il campionato cosa succede? Io dicevo: sarebbe la più grande debacle sportiva. Noi siamo partiti ad ottobre, quando il Napoli è diventato fortissimo, l’anno prima cadde per pochi punti. Il gioco valeva la candela, piano piano siamo partiti”.
“Gli animi dopo una sconfitta sono un po’ più alterati e bisogna essere ancora più delicati, ma noi c’eravamo con una telecamera, poi in alcuni momenti stavamo fuori, dovevamo essere capaci di raccoglierli ma non c’erano problemi se non entrare nel post-partita… bastava un po’ di delicatezza, poi la delusione sportiva si digerisce”.
“Diventa protagonista, io sono napoletano adottato, nato in Friuli e arrivato qui proprio durante il primo Scudetto, rimasi sconvolto, ma non l’aveva mai vista nessuno, non solo io. Ho seguito particolarmente questa traccia, sapevo che sarebbe stata straordinaria, anche se per il terzo, ma un’intera generazione li ha visti per la prima volta e ci sono anche racconti diretti. C’è antropologia della gioia, qualcosa che non può accadere altrove”.
“Il momento più brutto col Milan, poi finimmo in tribuna stampa perché la scaramanzia è importante. Poi sui singoli Elmas, Juan Jesus, tantissimo Osimhen, il personaggio più drammatico come tempi, mi ricorda un Denzel Washington. Devo ringraziare anche il Milan e la Salernitana, altrimenti il film non ci sarebbe”.
“E’ un documentario al 100%, non c’è nessuna ricostruzione nella narrazione. I personaggi extra sportivi servono da coro, per definire certi caratteri, abbiamo scelto tra i tifosi più conosciuti e persone che potevano raccontare la napoletanità, ci sono grandi attori come Servillo, Orlando, Esposito, Ranieri, D’Amore. Tutto nasce da una serie di 4 episodi che arriverà dopo il film. Il film parte da quando nasce la sfida, la serie racconta le vite sportive dei giocatori c’è più contrasto tra le varie anime”.
“Contando tutta la troupe, circa 80 persone ci hanno lavorato, i costi sono standard per un documentario, un genere adottato pienamente dalle piattaforme che fissano il costo al minuto che è di circa 6mila euro al minuto, questo arriva anche a 10mila euro al minuto a livello più alto. Sono orgoglioso che le musiche sono di uno dei migliori, Teho Teardo, musicista per Sorrentino e non solo. Noi siamo partiti per una serie, poi il presidente vedendo il materiale da produttore ha visto tutto ed ha gradito al punto da fare un film perché merita di essere visto al cinema. Mi tolgo un sassolino: ho sentito critiche, ma questo è un documentario di un’ora e quaranta, magari avessimo avuto il documentario dello Scudetto di Maradona. Questo resterà nella storia della città, tra 30 anni pescheranno quelle interviste, una polemica del tutto sterile”.
“C’è tanto da raccontare, un’intera stagione di calcio, gli uomini, in quell’economia il finale è per quelle persone, è tutto dei napoletani all’estero”.
“Farli uscire dal seminato durante le interviste, durante le gare invece dovevamo non farci notare, il momento più bello da malato del calcio è vedere Spalletti che spiega come liberare il terzino, come deve venire dentro Kvara. Il momento più bello a Capodichino dopo Torino, l’operatore era sopra al pullman, ha preso cose incredibili, poi Udine ovviamente”.
“Lombardo mi ha sempre detto che con Sarri non ci saremmo neanche avvicinati al centro. Spalletti è una figura tragica, della tragedia greca, vedete anche come poi va via. L’altro giorno ha detto che lui ha scelto la tristezza, bellissimo. Io non mollavo, venivo cacciato dallo spogliatoio, ma poi ci tornavo sempre”.