Sono passati già dieci anni da quel giorno maledetto. Non nascondo la fatica nello scriverci, nel raccontare le sensazioni di quel tardo pomeriggio romano di 3650 giorni fa.
Gli spari, l’agonia, la speranza, la morte. Quel giorno Ciro è diventato figlio, fratello e amico di tutti noi. Ma Napoli ha imparato troppo poco da quella macchia nera nella memoria. Perché altri figli, fratelli e amici di tutti noi sono morti negli ultimi anni, troppi.
Da Francesco Pio Maimone, il giovane pizzaiolo di 18 anni ucciso agli chalet di Mergellina, sul Lungomare di Napoli, da un proiettile vagante la notte tra il 19 e il 20 marzo 2023. A Giovanbattista Cutolo, detto Giogiò, ucciso in Piazza Municipio, a Napoli, dopo un banale diverbio per il parcheggio di un motorino, il 31 agosto 2023.
Troppo sangue sull’asfalto, troppe vite spezzate. Giovani uccisi da altri giovani senza motivo, come se ce ne fosse uno per sparare verso un altro essere umano.
Ciro, Francesco, Giogiò: contesti diversi, situazioni diverse, persone diverse. Stesse lacrime, stessa rabbia per la loro assenza. Con i loro respiri, si sono fermati quelli delle persone che li amano.