Video. Le accuse del Parma hanno la memoria corta: la combine gialloblù che fece retrocedere il Napoli
Mag 12, 2015 - Michele Di Matteo
Guarda un po’ da che pulpito viene la predica! Dopo la gara di domenica scorsa i gialloblù si sono infervorati con i propri avversari per gli insulti seguiti al fischio finale. Le accuse del Parma, se accertate – gli azzurri hanno smentito -, sarebbero assolutamente deprecabili. Forse, però, la società ducale dimentica i gravissimi fatti accaduti nella stagione 2000-2001. Certo non li hanno dimenticati i napoletani, che quell’anno videro la propria squadra del cuore retrocedere in Serie B. Il tutto – o quasi – a causa di una combine avvenuta tra il Parma e il Verona alla penultima giornata di quel campionato. Ad accertarlo le indagini nell’ambito del processo per il crac Parmalat, dell’allora presidente emiliano Callisto Tanzi.
Il primo a sentire puzza di bruciato è Giorgio Corbelli, massimo dirigente del Napoli dal 2000 al 2002. La sua squadra, infatti, agli sgoccioli della stagione è in piena lotta per non retrocedere. Uno dei suoi principali antagonisti è il Verona. Alla 33. ma giornata di campionato gli azzurri sono impegnati nello scontro casalingo con la Roma, mentre i veneti fanno visita al Parma. Il contemporaneo pareggio del San Paolo e la vittoria veronese rendono ufficiale la retrocessione del Napoli in Serie B. Al “Tardini”, però, sono vari gli aspetti che non quadrano, su tutti il rigore del definitivo 1-2 ospite. L’autore del fallo è, infatti, Antonio Benarrivo, il cui procuratore è Federico Pastorello, figlio del presidente del Verona, Giambattista. Corbelli dà così mandato ai suoi di indagare sulla vicenda e scopre molto più di quello che forse si attende.
Presto emerge la verità: l’effettiva proprietaria dei veneti non è la famiglia Pastorello ma sono i Tanzi. Già, perché – come accertato in seguito e come già sostenuto da un’inchiesta di “Report” – il magnate del latte è contemporaneamente proprietario sia del Parma che del Verona. Ovviamente in maniera fittizia. L’articolo 7 dello statuto della FIGC, infatti, vieta ad una qualunque persona di essere in possesso di più club. Per cui Tanzi intesta la partecipazione a Pastorello, suo uomo di fiducia. Corbelli riesce a dimostrarlo tramite la tracciabilità dei conti dei due imprenditori coinvolti, che mostra fideiussioni di Tanzi a favore di Pastorello. Naturalmente presso banche con sede nel principato di Monaco.
Non gli resta che farlo fa presente a Franco Carraro, all’epoca presidente della FIGC. Quest’ultimo, tuttavia, non si mostra per nulla sorpreso delle rivelazioni appena avute, mostrandosi anzi informato dei fatti. Addirittura li giustifica prendendo ad esempio il conflitto di interessi di Berlusconi – contemporaneamente presidente del Consiglio, del Milan e di Mediaset. Corbelli, comunque, non si arrende e va a perorare la sua causa dal presidente del CONI, Gianni Petrucci. Costui fa partire subito le indagini dell’Ufficio Inchieste del massimo organo sportivo italiano, ma ben presto il tutto si arena e passa alla Procura della Repubblica proprio di Parma. Qui l’inchiesta viene praticamente insabbiata, perché – secondo Corbelli – “a Parma in quel momento ci sono tutte le volontà tranne quelle di attaccare don Callisto Tanzi”.
Ritornano a galla solo nove anni dopo nell’ambito del processo sulla Parmalat, portato avanti dalla stessa magistratura parmense. Quest’ultima conferma in toto le accuse di Corbelli risalenti al lontano 2001: “Dal ’98 al 2004 – afferma il procuratore Gerardo Laguardia – il Verona fu controllato da Callisto Tanzi, già proprietario del Parma, che acquistò e finanziò coi soldi sottratti alla Parmalat e ai risparmiatori travolti dal fallimento”.
Ora che un altro fallimento sta coinvolgendo i ducali le accuse del Parma potrebbero sembrare un tantino fuori luogo. Forse sarebbe il caso di guardare prima in casa propria e pensarci due volte a muovere critiche pesanti verso una squadra che è stata vittima sacrificale di un sistema corrotto del quale il Parma contribuiva ad oliare i meccanismi.