«E, venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mazzecatorio e che bazzara che se facette! Da dove vennero tante pastiere e casatielle? Dove li sottestate e le porpette? Dove li maccarune e graviuole? Tanto che nce poteva magnare n’asserceto formato.»
– Giambattista Basile, La gatta Cenerentola
Molte massaie napoletane usano preparare anche a Natale la pastiera, dolce tipicamente primaverile e che viene di norma consumato a Pasqua.
La ricetta della pastiera napoletana è ben nota, ma non tutti sanno che nel Seicento veniva fatta con ingredienti diversi. Antonio Latini, autore marchigiano, ha riportato nel suo “Lo scalco alla moderna” pubblicato a Napoli nel 1693, il procedimento proprio del dolce di grano. Egli lavorò per un periodo al servizio di Esteban Carillo y Salsedo, primo ministro del viceré Francisco de Bonavides e qui apprese la ricetta: tra i vari ingredienti spiccano il formaggio Parmigiano, pepe, sale, pistacchi in acqua rosa muschiata, latte di pistacchi e pasta di marzapane.
“..vi aggiungerai oncie otto di Cacio Parmiggiano grattato, una libbra di ricotta di pecora…” – Antonio Latini.
Ne aveva parlato già Giambattista Basile (1566–1632) nella sua fiaba “La Gatta Cenerentola” in cui descrive i festeggiamenti dati dal re per trovare la fanciulla che aveva perso lo scarpino, citata tra casatielli, maccheroni e polpette. Poi anche Ippolito Cavalcanti nel 1837, nella sua Cucina teoria – pratica, in cui espone una ricetta molto simile a come la mangiamo oggi ma con la variante “rusteca“, ottenuta aggiungendo la provola grattata.
FONTI:
Google Libri – Pentamerone
Google Libri – Lo Scalco alla Moderna
Cucina teorica-pratica
Angelo Forgione – Blog