Salvatore di Giacomo, Raffaele Viviani e Ferdinando Russo, furono solo alcuni dei grandi artisti che frequentarono il suo salotto. Il padre fu un importante poeta e scrittore napoletano, autore di alcune sceneggiate, come “Napule ca se ne va”, e fondatore di una compagnia di filodrammatici che era solita esibirsi all’odierno Teatro Bracco. A chi ci riferiamo? A Roberto Murolo. Nato il 19 gennaio del 1912 a Napoli, il cantante prima di diventare un celebre artista, si dedicò ad altri interessi quali il nuoto, specialità tuffi, pugilato e canottaggio. Imparò anche a suonare diversi strumenti come il sassofono, la fisarmonica e la chitarra. Ad un certo punto capì che era arrivato il momento di impegnarsi seriamente nella sua principale passione: la musica. Nel 1934 fondò con Amilcare Imperatice, Enzo Diacova e Alberto Arcamone il quartetto vocale “Mida”, il cui repertorio si ispirava ai suoni d’Oltreoceano. Grazie al gruppo iniziò una tournée che lo portò in tutta Europa, nei teatri tedeschi, bulgari, spagnoli, ungheresi e greci.
Tornato a Napoli e lasciati i “Mida”, Murolo si trasferì a Capri dove iniziò a suonare, accompagnato solo dalla propria chitarra, al Tragara Club. Fu grazie a questa esperienza che il giovane artista conquistò definitivamente il pubblico. Iniziarono ad essere trasmessi alla radio i suoi primi 78 giri composti dai classici tradizionali, come ‘A casciaforte e ’O surdato ’nnammurato, e da nuovi componimenti. Murolo fu il primo cantante napoletano ad incidere dischi soltanto con l’aiuto della sua voce, da molti definita “confidenziale”, e con la chitarra. Dopo la musica arrivò il cinema. Murolo partecipò a diversi film come Tre passi al Nord e Saluti e baci. La sua ascesa si interruppe però nel 1954 quando fu arrestato con l’accusa di molestie sessuali su minore. L’accusa si rivelò poi infondata, ma colpì nel profondo il cantante che si ritirò, per un periodo, nella sua casa al Vomero.
Tornò a metà degli anni Sessanta con Napoletana. Antologia cronologica della canzone partenopea composta da alcune celebri villanelle partenopee e da brani della tradizione orale. Nel 1969 incise, invece, I grandi della Canzone napoletana: Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio, Ernesto Murolo, E.A. Mario. Tra gli anni Settanta e i Novanta iniziò a collaborare con artisti stranieri e italiani. Da Amalia Rodrigues a Peppino Di Capri, da Fred Bongusto a Baden Powell, fino a rivisitare classici già famosi con i relativi autori. Cantò Caruso con Lucio Dalla, Don Raffaè con Fabrizio De André e Na tazzulella ’e cafè con Renzo Arbore. Una delle opere maggiormente acclamate dal pubblico fu Cu’ mme, un successo scritto da Enzo Gragnaniello, che cantò con Mia Martini. Con i due celebri artisti, Murolo, incise anche l’album L’Italia è bbella e con la canzone omonima partecipò, nel 1993, al Festival di Sanremo. Nel 2002 allo stesso concorso canoro gli fu consegnato il premio alla carriera. Morì un anno dopo ma, nonostante il passare degli anni, sarà sempre ricordato come l’inventore di un nuovo stile che contribuì a fare amare la canzone napoletana in tutto il Paese.
Fonti: Salvatore Cerino, “Napoli eterna musa”, Napoli, Guida, 1994
Anita Pesce, Marialuisa Stazio, “La canzone napoletana”, Napoli, ISSM, 2013