Trotula de Ruggiero, la prima donna medico della storia era di Salerno
Mag 14, 2016 - Germana Squillace
Per molti anni alcuni hanno sostenuto che non fosse mai esistita e che fosse solo frutto di una leggenda popolare. Certi, invece, hanno sempre creduto che le sue opere furono alla base dei più importanti studi di ginecologia e ostetricia del secolo e risulta essere uno dei grandi primati del Sud Italia. Secondo alcuni fu la prima donna medico d’Italia, per altri fu semplicemente una delle tante “Mulieres Salernitanae”, cioè le donne della Scuola Medica di Salerno. Ciò che è certo è che il nome di Trotula de Ruggiero rimarrà per sempre legato al mondo della medicina.
Nacque nel XI secolo d.C. a Salerno, una delle città più attive e cosmopolite del Medioevo. Apparteneva a una nobile casata e per questo ebbe modo di studiare frequentando importanti scuole, specializzandosi poi in medicina. Sposò il medico Giovanni Plateario con il quale scrisse il manuale Practica brevis e dal quale ebbe due figli che continuarono l’opera dei genitori. Oltre a essere una studiosa, fu anche insegnante nella stessa Scuola Medica presso la quale si formò. Le sue lezioni furono incluse nel De agritudinum curatione, una raccolta di insegnamenti di sette grandi maestri dell’università.
Obiettivo principale di Trotula fu alleviare i dolori delle donne durante il parto e, più in generale, migliorare gli standard di vita femminili promuovendo l’importanza della cura dell’igiene, di una corretta alimentazione e di una quotidiana attività fisica. La sua opera più importante fu il De Passionibus mulierum ante in et post partum, conosciuta anche come Trotula Maior. Quest’opera è composta da più di sessanta capitoli e descrive consigli per tutte le età delle donne. Il sottotitolo, che spiega alla perfezione l’intento dell’autrice, recita: “Libro unico di Trotula sulla cura delle malattie delle donne prima, durante e dopo il parto mai prima edito, in cui vengono minutamente illustrate le infermità e le sofferenze che capitano al sesso femminile, la cura dei bambini e dei ragazzi al momento del parto, la scelta della nutrice oltre alle restanti cose che vi si connettono, le prescrizioni riguardanti entrambi i sessi, le esperienze infinite di varie malattie con alcuni preparati che servono ad abbellire il corpo”.
In Passionibus mulierum, Trotula suggerisce di curare con erbe e radici la maggior parte delle malattie, dalla scabbia al cancro. Inoltre analizza le cause di sterilità e spiega i propri studi sulla posizione del feto. Di fatto si mostra come una delle prime ginecologhe del Meridione. In un’altra sua opera, il De Ornatu Mulierum, detto anche Totula Minor, la dottoressa suggerisce pozioni e decotti per abbellire le diverse parti del corpo, massaggi e bagni per migliorare lo stato fisico. In entrambi i testi, scritti in latino medioevale, l’autrice alterna testi ad illustrazioni al fine di dare una corretta interpretazione delle proprie intenzioni. Per diversi anni Trotula fu vittima di un forte maschilismo che le negò la paternità del Trotula Maior. Quest’ultimo fu, infatti, attribuito a un autore maschile non identificato. Solo alla fine dell’Ottocento la sua esistenza e la sua bravura furono realmente riconosciute ed accettate.
Fonti: Maria Giuseppina Muzzarelli, Fiorenza Tarozzi “Donne e cibo”, Milano, Mondadori, 2003
Monica H. Green, “Trotula: un compendio medievale di medicina delle donne”, Firenze, Sismel, 2009
Giosuè Musca, “Condizione umana e ruoli sociali nel Mezzogiorno normanno-svevo”, Bari, Dedalo, 1991