Sono passati diversi decenni dalla morte di Peppino de Filippo, tra i più grandi artisti e figli di Napoli, ma ancora oggi il suo teatro viene celebrato come se potesse tutt’ora assaporare gli applausi di un pubblico entusiasta e divertito.
Il suo talento è stato così grande che non possiamo fare a meno di ricordarlo per tutta l’arte che ha saputo donarci, proprio oggi che il genere della commedia sta attraversando una fase critica in termini d’idee e di rilievo culturale. Sì, perché Peppino era, con ragione, convinto che il genere farsesco avesse il medesimo valore della tragedia ma anche che riuscire nel primo fosse assai più difficile che nel secondo. Non tutti possono far ridere, diceva, ma lui lo sapeva fare e lo faceva estremamente bene.
Ha continuato a recitare anche dopo aver compiuto settant’anni, mantenendo la delicatezza e la forza che hanno contraddistinto il teatro dei de Filippo, riuscendo a riscuotere sempre successo perché, spiega, ha capito come interagire con il pubblico e l’ha capito da sé senza leggere alcun manuale. Questo era il suo talento: arrivava alle persone senza sforzarsi, con estrema naturalezza.
Peppino ha messo per la prima volta i piedi su un palco teatrale all’età di sei anni e d’allora non ne è più sceso. Ha lavorato da subito con il fratello Eduardo e la sorella Titina nella compagnia di Vincenzo Scarpetta, ma all’età di quarant’anni decise di intraprendere una carriera per conto suo a causa del rapporto complicato tra lui e suo fratello Eduardo. Completamente opposti erano, di fatti, i due fratelli, sia nelle loro maschere che nella vita di tutti i giorni: se Eduardo era più rigoroso e severo, Peppino era sicuramente più leggero ma mai meno lodevole. (Maggiori dettagli sulla biografia di Peppino de Filippo).
I due si separarono in rapporti difficili a causa di divergenze in ambito professionale, ma questo fece sì che Peppino potesse far emergere il suo stile più personale che lo consacrò definitivamente nell’ambiente artistico italiano. Oltre al teatro, infatti, egli si dedicò anche alla settima arte dove trovò, forse, il suo più grande successo realizzando film insieme al grande Totò, i quali sono attualmente considerati veri capolavori della commedia italiana. Se inizialmente venivano ignorati dalla critica cinematografica dell’epoca, oggi non possiamo fare a meno di ammirare il genio che questa coppia ha saputo esprimere e, a tal proposito, come non ricordare l’epica scena della lettera di “Totò, Peppino e la malafemmina“?
Al pari di Charlot, Peppino, il Pantalone napoletano, è riuscito a mostrare un eroe tragicomico in cui molti potevano riconoscersi e da cui potevano imparare: apparentemente imbranato e sciocco, attraversa una serie di disavventure farsesche che dimostrano questo suo disagio col mondo, ma riuscendo sempre a strappare un sorriso che appare come uno spiraglio di speranza anche per i più sfortunati, come lui stesso è.Peppino e il suo teatro, il suo talento, hanno saputo regalare allora, e continuano a farlo oggi, momenti di alta poesia.
Ed è per questo motivo che vogliamo ringraziarlo: per lui il sipario non sarà mai chiuso e lo salutiamo oggi con un ultimo applauso.