Ivan Ajvazovskij, il pittore russo che amava Napoli e la dipinse nei suoi celebri quadri


Ivan Konstantinovič Ajvazovskij, nato a Feodosija in Crimea il 17 luglio 1817 è stato un pittore russo di fama internazionale. Spirito sfuggente e vulcanico. Ajvazovskij, lasciò la sua città natale molto presto e compì lunghi viaggi in Europa, Turchia e Asia Minore, lasciandoci una collezione di circa 6mila dipinti, principalmente raffiguranti paesaggi marini. La sua opera più celebre è La nona onda, realizzata nel 1850.

Gli ultimi giorni di Pompei 1827-1833

Primo viaggio in Europa e l’arrivo a Napoli
Nel 1840 lasciò la Crimea per il nuovo Continente, facendo tappa a Berlino e Vienna, la prima città europea nella quale si stabilì fu Venezia, dove si recò sia per il suo immenso patrimonio artistico, che per rivedere l’amato fratello Gabriel. Lasciata la città lagunare, il pittore si recò a Firenze, visitando le sue gallerie e i suoi musei. Successivamente arrivò a Napoli, rimanendo incantato dalla sua selvaggia bellezza: Napoli, Sorrento, Amalfi e l’isola di Capri furono luoghi che egli visitò e ritrasse tutti, in molte delle sue opere più importanti. Poco dopo giunse a Roma, dove dipinse l’opera Caos. Creazione del mondo: la tela, tecnicamente valida ma soprattutto permeata da una profonda spiritualità, fu subito notata e ammirata da papa Gregorio XVI.

Notte di Luna a Capri 1841

Quest’ultimo intendeva acquistare Caos per inserirla nelle collezioni vaticane: Ajvazovskij, rifiutando ogni forma di pagamento in denaro, ne fece dono al pontefice, che come ringraziamento lo insignì di una medaglia d’oro, un’onorificenza per i laici. L’influenza dell’arte italiana sul suo stile pittorico fu notevole, tanto che non esitò ad ammettere che il Bel Paese ed il suo patrimonio artistico e museale furono come una «seconda accademia» per lui. Dopo l’Italia visitò la Svizzera la Germania e l’Inghilterra.

Veduta del Vesuvio di notte

A Londra strinse amicizia con l’artista William Turner che, rimanendo incantato alla visione della Baia di Napoli al chiar di Luna, stesa durante il soggiorno partenopeo, gli dedicò un intenso poema: «Somma artista, mi perdona. Se un artista s’ingannò! Nel delizio della mente. Mi sedusse il tuo lavor. L’arte tua ben’ e potente. Perché il genio t’inspirò!» Prima di ritornare in patria, fu anche in Francia, dove espose tre tele veneziane al Louvre (fu l’unico artista russo a farlo), e nei Paesi Bassi, dove ebbe modo di ammirare e studiare i capolavori degli antichi maestri olandesi.

La nona onda 1850

Viaggio a Costantinopoli ed il ritorno a Feodosia
Ajvazovskij arrivò a San Pietroburgo nel giugno 1844. L’Accademia fu assai soddisfatta del suo viaggio in Europa. Grazie al suo lavoro fu insignito del titolo di Accademico. A questa onorificenza seguì il permesso di fare ritorno in Crimea, il 7 gennaio 1845, e l’importante commissione di realizzare una serie di quadri sulla flotta imperiale russa.

Ajvazovskij decise poi di trasferirsi in Crimea, dove poteva dedicarsi con tranquillità all’attività pittorica. Intanto, Ajvazovskij si invaghì di Julia Graves, una donna inglese conosciuta nella casa di una vedova aristoscratica: il matrimonio, celebrato nel 1848, fu vissuto dal pittore con grande gioia e fu coronato dalla nascita di quattro figlie, Elena, Maria, Alexandra e Joanne. I due divorziarono però nel 1877. Nel 1850 Ajvazovskij dipinse uno dei suoi quadri più noti: si tratta de La nona onda, dove viene analizzata la tensione tra l’elemento naturale e l’uomo, che nonostante le poderose forze della natura non si dà per vinto e continua stoicamente a combattere.

Piccolo porto a Sorrento 1826

In questi anni, inoltre, si moltiplicarono per il pittore anche i riconoscimenti ufficiali. Furono questi anni di gloria. Nel 1872 esibì i suoi dipinti a Nizza e Firenze; la stessa città toscana, due anni dopo, avrebbe commissionato all’artista l’esecuzione di un suo autoritratto per le collezioni della Galleria degli Uffizi. In questo periodo si susseguirono diverse importanti mostre in tutto il mondo. In questi anni, inoltre, la sua vita conobbe un ulteriore cambiamento: il 30 gennaio 1882, all’età di sessantacinque anni, Ajvazovskij sposò in seconde nozze l’armena Anna Nikitična Sarkisova, intessendo un matrimonio che si rivelerà molto felice.

Veduta di Mergellina e Marina Piccola a Capri del 1827

Degna di menzione, infine, l’esecuzione – con la collaborazione di Il’ja Efimovič Repin – dell’opera L’addio al mare di Puškin, memorabile ritratto del poeta, qui presentato come indissolubilmente legato alle terre della Crimea. Ivan Konstantinovič Ajvazovskij morì infine il 5 maggio 1900, stroncato da un’emorragia cerebrale alle prime ore della notte; sinceramente pianto dai suoi contemporanei, la sua salma venne seppellita nella chiesa di San Giorgio a Feodosia.

Opere pittoriche ed esposizioni
Durante i suoi sessanta anni di carriera, Ajvazovskij ci ha lasciato circa seimila dipinti. Nel corso della sua carriera, espose le sue opere in un totale di 55 mostre personali (numero senza precedenti); tra le più significative, si ricordano quelle tenute a Roma, Napoli e Venezia (1841–42), Parigi (1843, 1890), Amsterdam (1844), Mosca (1848, 1851, 1886), Sebastopoli (1854), Tiflis (1868), Firenze (1874), San Pietroburgo (1875, 1877, 1886, 1891), Francoforte (1879), Stoccarda (1879), Londra (1881), Berlino (1885, 1890), Varsavia (1885), Costantinopoli (1888), New York (1893), Chicago (1893), San Francisco (1893).

Per quanto riguarda lo stile pittorico di Ajvazovskij, è assai fedele ai principi del Romanticismo. Le sue primissime opere risentono dell’influenza dei suoi insegnanti all’Accademia, Sylvester Shchedrin e Maxim Vorobiev; nel corso della sua carriera, invece, si mostrò molto sensibile all’influsso esercitato dai pittori classici, quali Salvator Rosa, Jacob van Ruisdael e Claude Lorrain. Tra le fonti d’ispirazione contemporanee si può invece annoverare Karl Pavlovič Brjullov, l’autore della celebre opera Gli ultimi giorni di Pompei, che lo stimolò lo sviluppo creativo.

Per il resto, la sua adesione al gusto romantico incide su diversi aspetti della sua opera pittorica, come il drammatico uso dei colori, l’esaltazione del sentire sublime, i delicati effetti luminosi, la tendenza a raffigurare grandi scene drammatiche. Per questo motivo, quando alla metà del secolo l’arte mondiale approdò al Realismo, lo stile di Ajvazovskij venne aspramente criticato.

Fonti: Treccani – Mondo diverso – Ilaria Righetto, Identità e integrazione: il caso del pittore armeno-russo I.K. Ajvazovskij, Venezia, Università Ca’ Foscari, 2014.

 


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