Il nome ufficiale sarebbe Pinetamare, ma tutti lo conoscono meglio come Villaggio Coppola, poiché costruito – durante la seconda metà degli anni Sessanta – dagli omonimi fratelli, costruttori di Casal di Principe. Otto torri, palazzi, villette, banche, centri commerciali, una immensa distesa di spiagge e mare davanti, una fitta pineta (tra le più grandi d’Italia) alle spalle. Un sogno hollywoodiano girato in quel di Castel Volturno, in provincia di Caserta, ma dal finale drammatico. I fratelli Coppola lo volevano popolato di vacanzieri altoborghesi, è finito con l’ospitare degrado, delinquenza e macerie.
Situato sul litorale domizio, a soli 25 km da Napoli, il Villaggio Coppola nacque – nel pieno del boom economico – in risposta al progetto di Baia Domizia, partito nel 1960 ad opera di un’impresa veneta. Il problema è che il comune di Castel Volturno concesse nel 1964 “solo” 500 licenze edilizie, mentre i fratelli Coppola vi costruirono addirittura 3000 abitazioni (che nel tempo diverranno 12.000), più una darsena (fu predisposta anche una linea di traghetti, però mai avviata) e un porto turistico. Insomma, fu pubblicizzato come “La città dell’uomo, il paradiso dei fiori”, invece era un immenso abusivismo edilizio, capace di ospitare anche quindicimila persone contemporaneamente, tra cui diversi personaggi del mondo artistico, televisivo e politico, per invogliare bagnanti e turisti ad acquistare casa o a passarvi le vacanze estive.
Ci andarono, ma poi giunsero, invece, immigrati e sfollati. Se, infatti, le otto torri furono affittate per vent’anni alle famiglie dei militari americani della base NATO di Napoli, il bradisismo del ’78 e dell”83 e il terremoto dell’Irpinia del 1980 costrinse lo Stato a espropriare circa cinquemila appartamenti di Villaggio Coppola per darli ai terremotati. Ciò comportò la svendita degli immobili e l’abbandono degli stessi da parte dei privati: da lì in poi solo abbandono e degrado.
Lo Stato, infatti, non garantiva la manutenzione fatta prima dai privati e, anzi, sembrò utilizzare il Villaggio Coppola come uno “sversatoio umano”. Il colpo di grazia arrivò nel 1988, quando gli americani non rinnovarono i contratti di affitto delle torri, lascandole completamente disabitate. Furono, però, subito occupate dagli immigrati, che agli inizi degli anni Novanta cominciavano a giungere sulle nostre coste e che – nella maggior parte dei casi – finirono per divenire la manovalanza della camorra.
In ultimo, le controversie giudiziarie avviate sin dal 1965 circa permessi e licenze di costruzione, hanno portato all’abbattimento di due torri, nel maggio del 2001, e alla condanna dei fratelli Coppola, i quali avrebbero dovuto risarcire per 800 miliardi di lire lo Stato, la Regione e il Comune per danni ambientali. Nel 2003, tramite patteggiamento la cifra è diminuita fino a 43 milioni di euro, di cui alla fine ne sono stati pagati solo 7.
Di più, fu anche trovato un accordo per la riqualificazione dell’area, affidata sempre alla famiglia Coppola, in particolare alla figlia di uno dei due fratelli, nel frattempo deceduti. Si pensa, tra le altre cose, alla costruzione di un campo da golf da 18 buche. Dal 2017, comunque, l’area è stata affidata al Consorzio Rinascita, un consorzio di enti privati che ha come presidente Felice Di Persia, dal 2000 al 2005 coordinatore della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Napoli.
Una prima mano alla riqualificazione l’hanno certamente data il Calcio Napoli e il presidente Aurelio de Laurentiis, che proprio nella zona dell’ex Villaggio Coppola, dal luglio 2006, hanno il nuovo centro sportivo per gli allenamenti.