Sulle orme di Ernesto De Martino: l’antico mestiere delle “prefiche”, le “chiagnazzare” napoletane
Nov 30, 2019 - Concetta Formisano
Come abbiamo già avuto la possibilità di vedere in passato, il mestiere della cosiddetta “scapillata” è una professione tutta napoletana. Chi? Chi sarebbe ora questa “scapillata”? Giusto, scusatemi, forse la conoscete, o meglio, le conoscete come “chiagnazzare”: stiamo parlando, quindi, delle vere e proprie professioniste napoletane del lamento funebre.
Ma da dove proviene questo antico mestiere? Com’è giunto fino a noi? Chi lo ha studiato? Cosa significa a livello storico e psicoanalitico? Proprio qui cercheremo di delineare un quadro ordinato della questione delle “chiagnazzare”.
Per cominciare, la questione sopracitata è stata oggetto di studio di un celebre antropologo, filosofo e storico delle religioni napoletano: Ernesto De Martino (1908-1965), padre della Storia delle Religioni di ambito napoletano e non solo. De Martino, a capo di una squadra eterogenea di studiosi, ha ben deciso che il campo d’indagine dell’Antropologia e della Storia delle Religioni non doveva più essere necessariamente ricercato tra le popolazioni indigene più lontane: il “culturalmente altro” è, in realtà, proprio qui, in mezzo a noi.
Gli studi di Ernesto De Martino, come suggerisce già il titolo del suo capolavoro “Sud e Magia”, adottano come campo d’indagine il meridione d’Italia, quasi quello che in passato è stato il Regno delle Due Sicilie. Un altro tema famosissimo dello storico delle religioni napoletano è stato il cosiddetto “tarantismo” o “tarantolismo”, tema affrontato in un’altra grande monografia, “La Terra del Rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud”.
È in “Morte e pianto rituale nel mondo antico: dal lamento pagano al pianto di Maria” (1958) che, però, De Martino parla del fenomeno del pianto rituale attraverso studi condotti col suo team in Lucania. La crisi spirituale-psicologica vissuta dall’individuo in seguito alla perdita di un caro è, dunque, elemento costitutivo della natura umana e si declina nella cosiddetta “crisi del cordoglio”.
Due sono le forme della crisi del cordoglio:
- Ebetudine stuporosa o, in alcune parlate meridionali, “attassamento”: senso di stupore paralizzante che, alla notizia della morte di un caro, impedisce di rispondere agli stimoli esterni come se ci si trovasse al di fuori della realtà e che, spesso, impedisce anche di piangere;
- Planctus irrelativo o esplosione parossistica: volontà autolesionistica di colui che ha ricevuto la notizia della scomparsa di una persona cara di assumere la medesima condizione del defunto. Ciò consiste nel procurarsi del vero e proprio dolore fisico (strapparsi i capelli, battersi il petto, strapparsi le vesti ecc…) ed è spesso accompagnato da un forte pianto che sembra non poter finire mai.
Queste due possibili reazioni alla scomparsa di una persona cara possono placarsi soltanto attraverso il cosiddetto “planctus rituale” (“pianto rituale”), una sorta di “addomesticamento” delle emozioni immediate: il planctus rituale, infatti, sblocca l’ebetudine stuporosa ed evita gli eccessi del planctus irrelativo incanalando il dolore in una propria forma organizzata.
È a questo punto della questione che entrano in gioco le nostre “chiagnazzare”, quelle che De Martino nei suoi studi riporterà come “prefiche”: stiamo parlando, quindi, di vere e proprie professioniste del lamento funebre ingaggiate per piangere durante i funerali “guidando” il lamento di tutti gli altri.
Trattandosi di una sopravvivenza che, in Italia, è esclusiva del mondo meridionale, si tratta di un’abitudine di estrazione magno-greca. Tale sopravvivenza, infatti, è staccata dal pensiero cristiano egemonico proprio perché abitudine ben precedente proveniente dalla madrepatria greca.
L’uso delle lamentatrici professioniste, delle “chiagnazzare”, infatti, è immagine ben presente nella religione greca antica. Ritroviamo queste figure professionali, infatti, già nei poemi omerici durante i funerali di vari eroi. Qui le prefiche compaiono, a chiome sciolte, alla testa delle processioni funebri subito seguite da moglie, madre e sorelle dell’eroico defunto.
Proprio così, anche nella realtà del Meridione d’Italia, la prefica guidava il corteo con il suo lamento per portare la variamente vissuta crisi del cordoglio allo stato di planctus rituale. Così come emerso in numerosi studi storico-antropologici del secolo scorso, anche stavolta è la pratica del “rito” a riportare ordine nelle cose.
Ernesto De Martino, con i suoi studi, è riuscito a dimostrare al mondo dell’Antropologia e della Storia delle Religioni che il Meridione d’Italia è stato (e ancora è) palcoscenico di interessantissime sopravvivenze culturali che affondano le radici nei più profondi meandri della nostra storia.
Ebbene, a quanto pare, partire dal Sud, scoprire il Sud è il primo passo per scoprire il mondo.
Bibliografia:
- “La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud”, Ernesto De Martino, Il Saggiatore, Milano, 1961;
- “Morte e pianto rituale nel mondo antico: dal lamento pagano al pianto di Maria”, Ernesto De Martino, Einaudi, Torino, 1958; n. ed. Bollati Boringhieri, Torino, 2000 (con introduzione di Clara Gallini);
- “Sud e magia”, Ernesto De Martino, Feltrinelli, Milano, 1959; n. ed. 2002 (con introduzione di Umberto Galimberti);
- “Storia dell’Antropologia – seconda edizione”, Ugo Fabietti, Zanichelli, Bologna, 2001;
- “Manuale di Storia delle Religioni”, Giovanni Filoramo, Marcello Massenzio, Massimo Raveri, Paolo Scarpi, Editori Laterza, Bari, 1998; n. ed. 2008.