San Gregorio Armeno, il cuore di Partenope. Ma perché è così importante per Napoli?
Dic 12, 2015 - Viviana Cardone
A Napoli immancabile protagonista del Santo Natale è il presepe. È d’obbligo dunque, per ogni Natale partenopeo che si rispetti, far visita alle spettacolari esposizioni di San Gregorio Armeno. Per questo oggi la nostra rubrica dedicata alla toponomastica napoletana, felicemente ispirata dallo spirito festivo, vi parlerà di questa caratteristica e affascinante stradina di Napoli. Tutti sanno che, confinata nel bel mezzo del centro storico, essa è celebre per la ricchissima e colorata esposizione di presepi, ogni anno arricchiti di minuzie sempre più innovative.
Tra un’allegra moltitudine di negozietti, botteghe e bancarelle che tutto l’anno riempiono di magia gli occhi di chi ne ammira affascinato l’atmosfera. Un’arte, quella presepiale, che dimora in ogni singolo particolare degli innumerevoli manufatti, così minuziosamente plasmati che sembrano possedere un’anima propria. Vere e proprie dinastie di “pastorai” si tramandano da secoli i piccoli segreti di questo straordinario artigianato e sono impegnati tutto l’anno a ricreare i pastori e le minuterie in terra cotta dipinta per allestire i maestosi presepi che tanta letteratura e pittura hanno ispirato.
Ma forse non tutti sanno che San Gregorio Armeno è anche tra le più interessanti nella storia greco-romana di Neapolis, infatti si trova proprio accanto all’Agorà poi Foro di piazza S.Gaetano dove si trovano i resti del tempio di Castore e Polluce. Proprio nei pressi della chiesa che dà il nome alla via, anticamente detta di San Liguore, il vescovo napoletano San Nostriano fece aprire dei balnea pubblici e creare la prima struttura paleocristiana della chiesa di S.Gregorio sui resti dell’antico tempio di Cerere (e a proposito di questa divinità, non a caso, si narra che i cittadini gli offrivano come ex voto delle piccole statuine di terracotta, fabbricate nelle botteghe vicine), alla quale il suo successore annetté anche un ricovero per gli ammalati poveri.
Qui, durante la metà dell’VIII secolo, quando la furia degli iconoclasti costrinse molti religiosi a rifugiarsi in Italia in fuga dall’Oriente, furono ospitate le reliquie di S.Gregorio l’Illuminatore, patriarca di Armenia (257-331) trasportate da alcune monache basiliane guidate da Santa Patrizia. La tradizione vuole che le monache basiliane di S.Patrizia dopo esser sbarcate sull’isolotto di Megaride (Castel dell’Ovo) ed avervi fondato un primo monastero, alla morte della fondatrice e per volere del duca bizantino di Napoli Stefano, ne portarono in processione il corpo; successe poi che le due giovenche bianche aggiogate al carro funebre, giunte davanti S.Gregorio si arrestarono e l’avvenimento fu considerato volere della vergine Patrizia, si decise pertanto di spostare il monastero in quella struttura. La fede popolare si è sempre raccolta intorno alle reliquie conservate nella chiesa come quelle veneratissime di S.Patrizia il cui sangue si scioglie il 26 agosto; quelle del sangue del Battista che alcune monache nel 1576 recarono nel nuovo asilo di S.Gregorio e che si scioglie il 29 agosto; e quelle della tibia e del cranio di S.Gregorio con le sue catene ed il bastone. Solo nel 1205 la chiesa viene intitolata a quest’ultimo.
Ma cosa sappiamo di questo Santo e perché è così importante per la cristianità?
San Gregorio detto l’Illuminatore apparteneva alla dinastia reale armena degli Arsacidi. È a lui che si deve il grande merito di aver fatto adottare il cristianesimo come religione di Stato in Armenia. Infatti il sovrano di allora Tiridate III perseguì i primi missionari cristiani in Armenia, e in particolar modo l’efficace campagna del predicatore Gregorio che fece imprigionare nella fortezza-prigione di Khor Virap, nella città di Artashat, dove il predicatore rimase per ben tredici anni.
La leggenda cristiana vuole che a seguito delle sue violente persecuzioni contro i cristiani, il re armeno venisse colto da una terribile malattia che nessun medico di corte riusciva a curare. La sorella del re ebbe un sogno rivelatore che le parlò dei poteri miracolosi del predicatore imprigionato. Il re che inizialmente si era rifiutato di crederle, alla fine si convinse a liberare Gregorio e venne guarito grazie alla sua intercessione. A seguito di questo “miracolo” Tiridate III si convertì al cristianesimo, elevandolo a religione di Stato nel 301 (alcuni studiosi la datano al 305, anno dell’abdicazione di Diocleziano).
Dopo una lunga campagna di evangelizzazione, Gregorio decise di ritirarsi sulle montagne di Akilisene, dove continuò a vivere come un asceta. Affidò l’amministrazione della comunità cristiana a suo figlio Aristakes che era stato consacrato sin dal 318, in qualità di vescovo d’Armenia, Aristakes partecipò nel 325 al Concilio di Nicea, proclamato dall’imperatore Costantino I per discutere e fissare alcuni importanti punti della fede cristiana. Nello stesso anno, Gregorio morì in solitudine sul monte Sepouh.