Benedetto Croce nasce a Pescasseroli il 25 febbraio 1866, fu un filosofo,uno storico, un politico e un critico letterario. Arrivò a Napoli già nel 1880 per frequentare le lezioni di giurisprudenza all’università Federico II, ma subito si appassionò invece alla filosofia e alla politica e per questa ragione si trasferì a Roma conoscendo il Labriola e la filosofia marxista. Tuttavia nel 1886 ritornò a Napoli e decise di acquistare la casa dove prima di lui aveva dimorato un altro grandissimo filosofo napoletano, Giambattista Vico. Lo stesso Benedetto Croce trae gli insegnamenti di Vico oltre a quelli di Marx ed Hegel, e definisce se stesso un filosofo napoletano d’adozione. Ed effettivamente Croce rimarrà per tutta la sua vita a Napoli, nonostante i numerosi viaggi anche all’estero, e morirà qui il 20 novembre 1952 sulla sua scrivania all’età di 86 anni intento ancora a studiare nonostante la sua paralisi. Furono organizzati i funerali solenni e la sua salma si trova al cimitero di Poggioreale.
Benedetto Croce rappresentò la cultura antifascista italiana proponendo contro il manifesto di Gentile il suo manifesto: quello degli intellettuali italiani antifascisti. Il fascismo veniva da lui considerato come una malattia morale che col tempo sarebbe morto su se stesso. Per questa sua visione antifascista conservatrice, il regime non lo reputò uno degli intellettuali pericolosi nonostante l’appellativo di filosofo della libertà. Il Croce filosofo invece si nutre profondamente della visione dialettica hegeliana della storia come dispiegamento dello spirito e del materialismo marxista. La realtà è dunque vita spirituale che si volge interamente nella storia; la vita e la realtà, infatti, <<sono storia e nient’altro che storia>>. La filosofia crociana viene per questo definita spesso come storicismo assoluto.
Oltre la filosofia, la politica e la storia, davanti agli occhi di quest’uomo si spalanca anche il mondo della letteratura. Piuttosto tradizionalista, Croce preferisce Carducci al decadentismo del d’Annunzio e imposta la sua letteratura sulla storiografia dello spirito. In quest’ottica si delinea l’opera sulla Storia del Regno di Napoli. Secondo l’autore, Ferdinando II e il figlio Francesco I attuarono un tipo di politica tesa a elevare il Regno delle due Sicilie al pari delle altre monarchie nazionali come Francia, Inghilterra e Austria e ciò non fu gradito dall’Inghilterra che lo riteneva in totale subalternità. La Gran Bretagna ai tempi di Ferdinando II incominciò dunque a destabilizzare la potenza borbonica attraverso atti terroristici, preparando una potente flotta per distruggere l’esercito borbonico, diffondendo false notizie sul trattamento dei detenuti a Napoli… insomma tutto ciò porto poi all’avvento della spedizione dei Mille e la definitiva annessione al Piemonte. Benedetto Croce ripercorre questa tragica storia ammettendo che l’errore dei Borbone fu quello di inimicarsi l’Inghilterra.
Ricordiamo le parole di Stanislao Nievo riguardo Napoli e Croce: “ Se ci fosse una capitale dell’anima, a metà tra oriente e occidente, tra sensi e filosofia, tra onore e imbroglio, avrebbe sede qui. Nel mezzo della città si apre via Spaccanapoli, un rettilineo di più di un chilometro, stretto e vociante, che divide in due l’enorme agglomerato. È il cuore di questa babele della storia. Qui visse e morì Benedetto Croce”. Napoli ricorderà sempre questa grande personalità grazie ad un’iniziativa che risale al 4 maggio del 1955 quando gli eredi di Benedetto Croce diedero vita alla Fondazione Biblioteca Benedetto Croce con il fine di preservare l’antica e originaria biblioteca del filosofo ricca di opere originali e ben curate. Ancora oggi la fondazione ha sede nella vecchia dimora del Croce al secondo piano di Palazzo Filomarino.
Questo articolo fa parte della rubrica “I figli illustri di Napoli“.