Ogni città, ogni paese che si rispetti ha le proprie tradizioni culinarie, tramandate di generazione in generazione, che arricchiscono e rendono unico il proprio patrimonio culturale. Le abitudini culinarie sono infatti parte integrante della cultura di un popolo e ne rivelano caratteristiche e modi di fare.
Così come a Napoli preparare e consumare il caffè è un vero e proprio rito, analogamente, in Sicilia, c’è una tradizione che non smetterà mai di esistere, che è parte integrante del popolo siculo: il rito della granita siciliana, che affonda le proprie radici nella cultura araba e la cui preparazione, nel corso del tempo, ha subito diverse variazioni, arrivando fino all’isola.
La preparazione della granita ha una stretta connessione con una professione molto particolare, praticata nella Sicilia medievale: si tratta del “nivarolo”, ovvero colui che durante l’inverno raccoglieva la neve sull’Etna, sui monti Iblei e Peloritani e la conservava nelle “niviere”, per evitare che, a contatto col la calura estiva, si sciogliesse.
La neve da montagna era perfetta per confezionare le granite: dopo averla disposta nelle grotte vulcaniche o in fossi scavati nel terreno, veniva coperta con la cenere vulcanica.
Nelle giornate particolarmente afose, le famiglie patrizie erano solite farsi servire sorbetti e gelati preparate con la neve raccolta e col succo di limone.
Nello specifico, si dice che l’artefice di tale invenzione sia il cuoco Francesco Procopio dei Coltelli, meglio conosciuto come “Le procope”, che tra il 1600 ed il 1700 aveva svolto la sua attività in giro tra la Sicilia e Parigi. In particolare, il soggiorno nel borgo di Aci Trezza (nei pressi di Catania) dove veniva commercializzata la neve per uso alimentare, gli aveva permesso di approfondire le ricerche in ambito dolciario.
I siciliani sono soliti consumare la granita accompagnata dal gusto delle deliziose brioche col tuppo: un connunbio perfetto!
Fonti:
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Nivarata.it
6insicilia.it