Chi ha memoria corta, pensando a piazza Vittoria, immaginerà solamente il corpo statuario di Belen Rodriguez che pubblicizza una nota marca di intimo comprendo i restauri di un monumento. In realtà prima di aprile 2015 quei cartelloni non esistevano e ad accogliere i cittadini che volevano passeggiare sul cosiddetto lungomare, vi era la colonna spezzata, monumento dedicato a tutti i caduti in mare, ora invisibile grazie alla showgirl.
“Una colonna di palmi trentaquattro e mezzo, e di diametro palmi quattro di marmo cipollazzo che cosa più bella veder non si può, non dico in Napoli ma per l’Italia. È ella ondata d’un color verdaccio, appunto come un’onda marina”. Così Carlo Celano nel suo “Notizie del bello dell’antico e del curioso della citta di Napoli”, pubblicato nel 1856, descrive la celebre colonna spezzata. Ma questa scultura ha una storia molto più lunga e complessa di quello che si possa pensare. Fu rinvenuta agli inizi del XVII secolo durante i lavori di scavo alle fondamenta del campanile del Duomo di Napoli e l’arcivescovo Ascanio Filomarino l’aveva promessa in dono alle rappresentanze nobili della città che la volevano usare per erigere un obelisco in onore di San Gennaro. Il successore di Filomarino, il cardinale Innico Caracciolo, venne meno all’impegno preso e la regalò al viceré Pietro d’Aragona. Quest’ultimo decise di affidarla ai Teatini, che con la fine della peste, nel 1656, avrebbero voluto dedicarla a san Gaetano da Thiene. Ma neanche questo lavoro fu portato a termine e la colonna finì nuovamente nella chiesa di san Paolo Maggiore. Successivamente fu spostata nei depositi del Museo Nazionale, e infine, nel 1859 fu stazionata lì dove possono ammirarla tutti i cittadini. Ancora oggi sulla base del monumento vi è un’epigrafe che ne segnala la fallita destinazione del passato.
Nasconde una storia altrettanto affascinante la base che sorregge la sfortunata colonna spezzata. Inizialmente doveva sostenere un monumento ai caduti nella battaglia di Lissa, III Guerra d’Indipendenza italiana avvenuta nel 1866. Prima ancora, il basamento fu costruito per supportare una statua di Francesco Caracciolo. Chi era costui? Ammiraglio napoletano nato nel 1752, entrò giovanissimo nella marina da guerra. Dopo essersi distinto contro i pirati di Algeri e Tunisi, entrò nelle grazie della famiglia Reale dei Borbone al punto da scortarla in Sicilia quando arrivarono i francesi a Napoli. Tornato in città dopo poco la proclamazione della Repubblica Partenopea accettò di porsi a capo della marina repubblicana tradendo la fiducia della casa Reale. Combatté le navi inglesi e siciliane a Procida e cercò di contrastare la flotta del cardinale Fabrizio Ruffo. Dopo la resa dei repubblicani si nascose nelle campagne contadine fino a che fu trovato da Scipione La Marra. La mattina del 29 giugno 1799 Caracciolo fu portato sulla Foudroyant, la nave ammiraglia di Nelson e fu processato per alto tradimento da un tribunale borbonico. Nonostante la richiesta di morte per fucilazione, fu impiccato. Il suo corpo fu poi sepolto nella chiesa della Madonna della Catena. Di lui resta un busto, realizzato dallo scultore Aniello Di Maria, che attualmente è situato nel cortile della Biblioteca Universitaria e che probabilmente doveva servire da bozzetto preparatorio alla statua che doveva essere posta in piazza Vittoria.
Fonti: Agnese Palumbo, Maurizio Ponticello, “Il giro di Napoli in 501 luoghi”, Roma, Newton Compton, 2014
Valentino Sani, “1799 Napoli. La rivoluzione”, Potenza, Osanna Edizioni, 2013
Giuseppe Buttà, “I Borboni di Napoli al cospetto di due secoli”, Brindisi, Trabant, 2012
Carlo Knight, “La vera storia della Colonna spezzata e il mancato monumento a Caracciolo”, in “Corriere del Mezzogiorno”, giugno 2015