Il pomodoro: da frutto velenoso a protagonista della cucina napoletana
Nov 01, 2015 - Domenico Ascione
Il pomodoro, o meglio “‘a pummarola”, è un ingrediente essenziale per la cucina napoletana. Pochissimi piatti della nostra tradizione culinaria sarebbero gli stessi senza il colorito rosso di una salsa al pomodoro. Eppure l’arrivo di questo ingrediente sulle nostre tavole è stato un passo lungo e travagliato, molto meno scontato di quanto molti potrebbero ipotizzare. Anche se romanticamente Matilde Serao, nelle “Leggende Napoletane”, attribuiva la mitica invenzione dei “maccheroni al pomodoro” ad un certo mago Chico nella Napoli del 1220, sappiamo che il pomodoro, inizialmente, cresceva solo nelle Americhe e, quindi, è stato conosciuto in Europa solo in seguito alla scoperta di Colombo e alla successiva colonizzazione.
Precisamente i primi pomodori crescevano in Cile ed in Equador e potevano essere raccolti per tutto l’anno grazie al clima tropicale di quelle zone. I nativi di quelle terre, gli Aztechi, chiamavano il frutto “xitomatl”, ovvero grande “tomatl”. Il “tomatl” era un peperoncino, simile al pomodoro, ma molto più piccolo, che ancora oggi si può trovare in quelle zone: il nome “tomato” che in quasi tutte le lingue definisce il pomodoro deriva, quindi, da un errore di traduzione che ha scambiato lo “xitomatl”, il vero pomodoro, con il “tomatl”. Comunque gli Aztechi non utilizzavano la pianta per scopi culinari, ma solo ornamentali: era, infatti, ritenuto velenoso. Una credenza che si diffuse anche in Europa quando, nel XVI secolo, gli Spagnoli portarono nel vecchio continente la pianta. Negli studi dell’erborista italiano Pietro Matthioli, risalenti al 1544, la pianta del pomodoro rientrava fra le specie velenose, anche se lo studioso riportava anche alcune voci secondo le quali alcuni coraggiosi mangiassero il frutto dopo averlo fritto nell’olio.
Sta di fatto che in Europa il pomodoro veniva comunque usato come ornamento. Si racconta addirittura che i nobiluomini francesi fossero soliti regalare piante di pomodori alle donzelle come se fossero fiori o gioielli. Tuttavia, in alcuni ambienti, il frutto rosso assumeva particolari caratteristiche e poteri. “Love apple” in Inghilterra, “pomme d’amour” in Francia e “pomo d’oro” in Italia sono tutti nomi che fanno supporre che per molto tempo il frutto fosse ritenuto un potente afrodisiaco. Non sappiamo di preciso quando l’ingrediente prese posto in tavola, ma probabilmente, come successe per le patate, accadde per colpa di periodi di guerra e carestia dove si provava a mangiare qualunque cosa per evitare l’inedia. In America il pomodoro divenne famoso grazie a una congiura contro il presidente Abrahm Lincoln. I cospiratori versarono della salsa nella zuppa di Lincoln con l’intento di avvelenarlo: ovviamente non morì, anzi, da quel momento divenne un vero appassionato della salsa col pomodoro.
In Europa, invece, la prima testimonianza arriva proprio da Napoli con l’edizione del 1819 del “Cuoco Galante” del cuoco di corte Vincenzo Corrado. Nel manuale viene descritta la procedura per cucinare molte ricette con pomodori prima imbottiti e poi fritti: “Per servirli bisogna prima rotolarli su le braci o, per poco, metterli nell’acqua bollente per toglierli la pelle. Se li tolgono i semi o dividendoli per metà, o pure facendoli una buca.” Non è difficile capire cosa possa essere successo dopo: liberati dall’accusa di essere velenosi i frutti rossi hanno sorpreso tutti con un gusto versatile in grado di accompagnare ed avvolgere qualsiasi altro ingrediente. Così, prova dopo prova, ricetta dopo ricetta, a qualcuno sarà venuto in mente di versare della salsa su un piatto di pasta o su un impasto, creando così la leggenda di un ingrediente tanto snobbato.