“La suddivisione tra quelli a cui piace l’albero di Natale e quelli a cui piace il presepe, tra alberisti e presepisti, è tanto importante che, secondo me, dovrebbe comparire sui documenti di identità. Il primo tiene in gran conto la Forma, il Denaro e il Potere; il secondo invece pone ai primi posti l’Amore e la Poesia. Tra le due categorie non ci può essere colloquio, uno parla e l’altro non capisce. Quelli a cui piace l’albero di Natale sono solo dei consumisti. Il presepista invece, bravo o non bravo, diventa creatore e il suo Vangelo è Natale in casa Cupiello. I pastori debbono essere quelli di creta, fatti un poco brutti e soprattutto nati a San Gregorio Armeno, nel cuore di Napoli, e non quelli di plastica che vendono al supermercato, e che sembrano finti; i pastori debbono essere quelli degli anni precedenti e non fa niente se sono quasi tutti scassati, l’importante è che il capofamiglia li conosca per nome uno per uno e sappia raccontare per ogni pastore nu bello fattariello…”
Luciano De Crescenzo
Rassegnamoci, l’Albero di Natale è da milanesi, diceva Luciano De Crescenzo, unico simbolo natalizio riconosciuto dai napoletani e ‘o presebbio: esempio d’arte, prova di ingegno, abilità tramandata da generazione in generazione, eppure negli ultimi decenni, l’albero si è fatto pian piano strada nelle nostre case diventando l’immancabile amico di ogni amante del Natale!
Che siano piccoli, grandi, finti o veri, gli alberelli oramai affollano appartamenti, quartieri e intere città! Insomma, che piaccia o meno, l’Albero di Natale è oramai tradizione e, come tale, va rispettato. Ma da dove nasce l’usanza di “fare” l’Albero? Esistono numerose teorie a riguardo, alcune fantasiose e magiche, altre storiche, come quella che lega tale usanza alla simbologia dell’Albero come emblema della Vita.
Fin dall’antichità infatti, e ancor prima dell’avvento di Cristo, la raffigurazione dell’Albero come simbolo di vita era presenta in numerose culture: “legno che fiorisce e fruttifica, generatore di vita“. In realtà la pratica di addobbarne uno ha radici decisamente più moderne: in tanti fanno risalite l’origine dell’Albero di Natale infatti, al 1441, anno in cui a Tallinn, in Estonia, fu eretto un grande abete nella piazza del Municipio attorno al quale era consentito ballare e fare festa: un punto di ritrovo per giovani scapoli alla ricerca di un’anima gemella.
Un centinaio di anni dopo, precisamente nel 1570, alcune cronache di Brema parlano di una simile usanza: si racconta infatti della presenza di un albero cittadino, posizionato nei villaggi e successivamente decorato con mele, noci, datteri e fiori di carta mentre, sugli annali di Strasburgo del 1605 si legge che: “Per Natale i cittadini si portano in casa degli abeti li mettono nelle stanze, li ornano con rose di carta di vari colori, mele, zucchero, oggetti di similoro“.
Pare che l’idea di portarsi in casa un ramo abbia origini propiziatorie molto antiche: i contadini erano infatti soliti raccogliere un grande ramo come simbolo di buon auspicio.
Esistono però leggende che fanno risalire l’usanza della preparazione dell’Albero a miti e racconti fiabeschi. Una vecchia fiaba infatti, racconta di un bambino di un piccolo villaggio rurale che, alla ricerca di un ceppo da bruciare nel cammino per la vigilia di Natale, si perse in un bosco. Fatta sera, una neve fitta cominciò a cadere del cielo, riempendo d’angoscia il cuore del ragazzino che, scorto un abete, corse rifugiarsi al di sotto per ripararsi dalla neve.
L’albero, intenerito dal piccolo, spinse sotto i rami per coprire il corpicino e difenderlo dal freddo. L’indomani mattina gli abitanti del villaggio che si erano messi alla sua ricerca trovarono il bimbo addormentato sotto l’albero che nella notte, si era riempito di neve e lastre di ghiaccio che, ai primi raggi del sole, sembravano scintillare come cristalli.
Da quel giorno, in memoria di quello straordinario avvenimento, gli abitanti del villaggio addobbavano a festa un abete posizionando regali e dolciumi ai suoi piedi!