Il suo più grande rivale fu Amadeus Mozart, ma fu amato da Napoleone Bonaparte e Stendhal. Domenico Cimarosa (Aversa, 17 dicembre 1749 – Venezia, 11 gennaio 1801) fu uno dei più celebri compositori del Settecento, insieme con Giovanni Paisiello, apprezzato da grandi artisti come Giuseppe Verdi, Johann Wolfgang von Goethe, Gioacchino Rossini e molti altri. Si trasferì a Napoli quando il padre iniziò a lavorare come muratore alla Reggia di Capodimonte e dopo la morte dello stesso ebbe la fortuna di ottenere un posto presso il Conservatorio di Santa Maria del Loreto. Qui fu istruito all’arte musicale e fu allievo di celebri musicisti quali Antonio Sacchini, Fedele Fenaroli e Niccolò Piccinni. Il suo primo debutto avvenne nel giorno di Carnevale del 1772, durante il quale esordì al Teatro dei Fiorentini con “Le stravaganze del Conte”, a cui seguirono altre tredici opere comiche che mise in scena tra Napoli e Roma. In particolare “L’italiana in Londra” fu il lavoro che gli spalancò le porte dei teatri italiani e che gli permise di conoscere Leopoldo II di Toscana, futuro imperatore d’Austria. Una replica romana de “L’impresario in angustie” fu, invece, particolarmente apprezzata dallo scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe che definì il lavoro di Cimarosa: “eine immer erfreuliche Oper” e cioè “un’opera che sempre rallegra”.
La fama raggiunta in questi anni gli permise di affrontare una delle esperienze più importanti di tutta la sua vita: andare in Russia. Nel 1787, dopo aver viaggiato per quasi sei mesi durante i quali soggiornò anche alla corte di Stanislao II a Varsavia, giunse a Pietroburgo dove fu accolto dal ministro napoletano Antonio Maresca. Dopo poco il suo arrivo la zarina Caterina II nominò Cimarosa maestro di cappella e compositore della compagnia italiana. Ben presto però l’entusiasmo nei confronti del nuovo arrivato scemò, ma il compositore si dedicò alla realizzazione di nuovi lavori quali “La Cleopatra”, eseguito per la prima volta al teatro dell’Ermitage e “La vergine del sole”, messo in scena al teatro Kamenny.
Nel 1791 Cimarosa lasciò la Russia portando con sé un clavicembalo ancora oggi custodito nel Museo del Conservatorio di Napoli San Pietro a Majella. Durante il suo viaggio di ritorno si fermò nuovamente a Varsavia e qui compose la sua opera più famosa: “Il matrimonio Segreto”. Nella stessa sera in cui fu messa in scena per la prima volta, l’imperatore Leopoldo II ne rimase così impressionato da chiederne immediatamente il bis. Il compositore decise poi di raggiungere nuovamente Napoli nel 1799, anno della nascita della Repubblica Napoletana. Cimarosa appoggiò a tal punto gli ideali della novella Repubblica che ne compose l’inno. Tornati i Borbone, questa scelta gli costò il carcere e poi l’esilio. Si trasferì quindi a Venezia dove morì l’11 gennaio del 1801 per un’infiammazione intestinale. Qui fu seppellito nella chiesa di san Michelangelo Arcangelo, ma i suoi resti andarono persi con il crollo dell’edificio che avvenne nel 1837. Alla sua morte Cimarosa ebbe doppi funerali. Dopo la Serenissima fu omaggiato anche nella capitale. All’interno della chiesa romana Santa Maria ad Martires fu poi posto un busto in suo onore realizzato da Antonio Canova. Ancora oggi Cimarosa è considerato uno dei compositori napoletani più celebri di tutti i tempi. Una leggenda narra che quando qualcuno gli chiedeva il segreto della sua musica egli, indicando il cuore, rispondeva: “È necessario chistu ‘ccà!”.
Fonti: Mary Tibaldi Chiesa, “Cimarosa e il suo tempo”, Milano, Garzanti, 1939
Fabio Dell’Aversana, “Le composizioni per strumenti a tastiera di Fedele Fenaroli e Domenico Cimarosa”, Velletri, PM, 2015