Il crocifisso svelato della Basilica del Carmine Maggiore e l’antica festa napoletana
Gen 16, 2016 - Germana Squillace
La Basilica Santuario del Carmine Maggiore è una delle più grandi e importanti di Napoli. Fu costruita in onore della Madonna del Carmine, detta anche Madonna Bruna, ancora oggi osannata il 15 luglio con spettacoli pirotecnici. La Chiesa fu eretta in piazza Mercato, nel XIII secolo, e custodisce tesori artistici e storici di inestimabile valore come il “monumento a Corradino” fatto realizzare nell’Ottocento da Massimiliano II di Baviera. Ma fra tutte le opere che il complesso preserva ve n’è una particolarmente importante per i napoletani fin dal Seicento: il crocifisso svelato.
Ma perché è conosciuto con questo nome? Padre Maestro Filocalo Caputo dell’ordine di Nostra Signora del Carmine nel volume “Il Monte Carmelo” racconta di aver trovato un’antica pergamena conservata nell’Archivio del Convento contenente la storia di questo cimelio. Nel 1439 Alfonso V d’Aragona pose il proprio accampamento sulle rive del Sebeto per prepararsi ad assediare Napoli e conquistarla. Renato d’Angiò, goverantore del capoluogo campano, per opporre resistenza all’invasione fece collocare le sue artiglierie sul campanile del Carmine trasformato in una vera fortezza. Il re spagnolo bombardò Napoli disponendo alcune bombarde in tutta la città. Da una di queste, chiamata “La Messinese”, partì una palla che sfondò l’abside del santuario del Carmine e si narra che se il capo del crocifisso non si fosse spostato, l’avrebbe preso in pieno. Il giorno seguente un colpo partito dalla bombarda “La Pazza”, situata sul campanile, cadde proprio sull’Infante che aveva ordinato a “La Messinese” di mirare alla chiesa. Quando, nel 1441, re Alfonso tornò ad assediare Napoli questa volta ordinò di non mirare per nessuna ragione alla Basilica del Carmine Maggiore. Sconfitti i francesi entrò nel capoluogo vittorioso, ma il suo primo pensiero fu di andare alla chiesa per chiedere perdono per il bombardamento voluto dal fratello. Arrivato nel complesso religioso, il sovrano decise di far costruire dal Maestro Antonio Curata un sontuoso tabernacolo intorno al crocifisso sopravvissuto. Sfortunatamente il sovrano non riuscì a vedere la fine dei lavori, ma dal giorno della realizzazione si decise che, ogni anno, dal 26 dicembre fino al due gennaio, e di nuovo nel periodo di Quaresima, il dipinto sarebbe stato svelato ai devoti.
Durante i secoli, proprio nel giorno di Santo Stefano, le massime autorità della città, andavano a inginocchiarsi dinanzi il crocifisso prodigioso per rendergli omaggio. In tale occasione, tutti i cittadini partenopei, al suono delle campane di tutte le chiese e dei colpi di cannone delle fortezze della città, si radunavano presso la Basilica del Carmine Maggiore per ricordare l’evento miracoloso. In particolare, una leggenda popolare narra che la cerimonia di lodare il crocifisso diventò ancora più importante nel Seicento dopo che Napoli riuscì a sopravvivere a una gravissima tempesta proprio grazie all’intercezione del sacro oggetto. Nel 1685, in onore di questo antico rituale, Gaetano Veneziano, Maestro di Cappella del Carmine Maggiore, scrisse il “Mottetto in Pastorale in lode del Santissimo Crocifisso del Carmine”, a nove voci, violini, tromba, due flauti e due cornetti. La partitura è ancora custodita presso la Biblioteca dei Girolamini di Napoli.
Fonti: Chiara Giacobelli, “1001 monasteri e santuari in Italia da visitare almeno una volta nella vita”, Roma, Newton Compton, 2012