Il Novecento è il secolo durante il quale si consacra il teatro dialettale. Dopo diversi decenni, non è più considerato come un’opera di secondo livello grazie a maestri che lo rendono un teatro profondo, colto e di successo. La capitale del teatro dialettale è Napoli e gli artisti simbolo di questa rinascita sono soprattutto i fratelli De Filippo: Titina, Eduardo e Peppino. Attori, capocomici e drammaturghi ammirati in tutto il Bel Paese. Eduardo, in particolare, verrà per sempre ricordato come uno degli esponenti principali dell’arte napoletana. Egli riuscì a porsi come erede della tradizione teatrale partenopea affermata da Salvatore Di Giacomo, autore che unisce il verismo al melodramma, ed Eduardo Scarpetta, che trova nella società partenopea l’incontro perfetto della commedia napoletana di Antonio Petito e della farsa francese ottocentesca. Inoltre non bisogna dimenticare che De Filippo e Scarpetta erano uniti da un vincolo inscindibile poiché il primo era figlio naturale del secondo.
Miseria e Nobiltà è l’opera che meglio di altre rende perfettamente visibile il passaggio di testimone dal padre al figlio. Lo spettacolo debuttò nel 1888 al Teatro del Fondo, l’attuale Mercadante. Scarpetta lo scrisse per far partecipare il figlio Vincenzo, allora dodicenne. Con Miseria e Nobiltà l’autore decide di rappresentare in pieno la media borghesia napoletana, i suoi valori, il suo gusto per la risata e il suo moralismo. Protagonista è Felice Sciosciammocca, un popolano senza soldi. La trama ruota intorno all’amore tra il nobile Eugenio e la ballerina Gemma. Unione alla quale si oppone il padre del giovane. Eugenio chiede quindi a Felice di fingersi un parente in mondo da poter ottenere la mano dell’amata. La Commedia dell’Arte torna prepotente con questo scambio di ruoli. Il personaggio di Sciosciammocca, termine dialettale che indica un credulone, diviene una vera è propria maschera teatrale.
Per festeggiare il centenario della nascita di Eduardo Scarpetta, nel 1953, De Filippo portò in scena proprio Miseria e Nobiltà interpretandone il protagonista. Questa stessa versione fu poi alla base della trasposizione cinematografica di Mario Mattoli che vide protagonisti Totò, Sophia Loren e Carlo Croccolo.
Ma in teatro o alla televisione, la scena simbolo di Miseria e Nobiltà sarà sempre quella in cui il principe de Curtis danza sulla tavola con le mani e le tasche piene di spaghetti al pomodoro. Un piatto semplice, ma necessario, che racchiude tutta la napoletanità.