Napoli ha una storia antichissima. Con il passare dei secoli è stata dominata da numerose casate nobiliari e da popoli lontani e differenti tra di loro. Dai greci ai romani, dagli ostrogoti ai bizantini. Popoli di selvaggi e di intellettuali hanno calpestato le nostre terre. Eppure, forse, le dinastie che hanno influenzato maggiormente gli usi e i costumi napoletani sono state quelle spagnole e francesi. Questi due regni sono entrati nei tessuti più profondi della società modificando il vestiario, le passioni culinarie e i passatempi. Ma forse il campo che hanno maggiormente influenzato è stato quello più intimo e cioè il linguaggio.
Non di rado si ascoltano, passeggiando per i vicoli partenopei, parole che hanno una risonanza estera perché traggono la loro origine proprio da idiomi francesi e spagnoli. Nella lingua normanna affonda le proprie radici una parola, quasi del tutta scomparsa, che deriva dal vocabolo empeser e che ha dato vita alla ‘mpusumatura. Questo termine che vi sembrerà così strano e nuovo, in realtà, indica un’operazione che svolgete quasi quotidianamente all’interno delle vostre case. Nel passato era un’attività che realizzava la cosiddetta stiratrice che solitamente usava un enorme ferro da stiro nel quale vi era carbone ardente.
Ma che cosa vuole dire ‘mpusumatura? Semplicemente “inamidire”. Attività classiche della stiratrice erano, infatti, stirare camicie, ed inamidare soprattutto colli e polsini. L’aggettivo ‘mpusumato significa essersi indurito dopo essere stato bagnato in una soluzione di acqua ed amido, chiamata ‘o bagno ‘e pósema, prima di essere stirato. Da questi collegamenti si evince come anche nel significato napoletano il termine ‘mpusumatura assomigli molto all’antenato francese, dato che il verbo empeser vuol dire, appunto, inamidare. Se si dice, dunque, che una persona è ‘mpusumata, si vuole significare che il soggetto è estremamente rigido nei modi di essere o di fare, tanto da risultare goffo.