Cultura

“Tammurriata nera”, ma perché ‘o criaturo è nato niro?


Numerose sono le vecchie canzoni popolari della tradizione napoletana che, nonostante il trascorrere del tempo, ancora oggi continuano a rallegrarci le giornate con il loro ritmo travolgente. Tra le più famose vi è una canzone napoletana scritta nel 1944 da Giovanni Ermete Gaeta e da Edoardo Nicolardi.

Si tratta della “Tammurriata nera” che trae ispirazione da un episodio al quale Nicolardi aveva assistito presso il reparto maternità dell’Ospedale Loreto Mare di Napoli, ove egli era dirigente amministrativo. In quel periodo, a causa della presenza in città di soldati afro-americani, numerose giovani donne napoletane avevano partorito bambini di colore causando, come quel giorno, scompiglio e perplessità nella società dell’epoca. Un po’ come è successo, recentemente, nel casertano. La canzone apparentemente allegra e ironica nasconde invece il tragico fenomeno storico delle “Marocchinate“, avvenuto nel centro e sud Italia alle donne vittime di violenza da parte dei soldati afro-americani.

La canzone, scritta a quattro mani dagli autori delle altrettanto note “Voce ‘e notte” e “La canone del Piave”, narra per l’appunto di una giovane donna che mette alla luce un bambino di colore, concepito da un soldato durante l’occupazione americana. Il testo ironizza sul fatto che per quanto la donna si sforzi di rigirare continuamente i punti di vista, scegliendo anche di dare al bambino un nome tipicamente napoletano, quest’ultimo è e continua a essere di colore.

“Seh vota e gira seh, seh gira e vota seh
ca tu ‘o chiamme Ciccio o ‘Ntuono
ca tu ‘o chiamme Peppe o Ciro
chillo ‘o fatto è niro niro, niro niro comm’a cche…”

Per quanto la versione maggiormente nota di “Tammurriata nera” sia quella registrata nel 1974 dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare, che rimase nella hit parade dei singoli più venduti in Italia per diverse settimane, essa fu lanciata da Vera Nardi e resa celebre da Roberto Murolo e Renato Carosone.