La lingua napoletana si è formata gradualmente nei secoli, assorbendo costruzioni grammaticali, intere parole e persino modi di dire dai vari popoli e regni che si sono succeduti sul nostro suolo. Parole di origine greca e latina si mischiano a derivazioni spagnole, fino ad arrivare a svariate eredità del mondo arabo: insomma, facendo un po’ di calcoli, la nostra lingua è ben più antica e complessa dello stesso italiano. I verbi “ingarrare”, o “‘ngarrà”, e “sgarrare” sono un chiaro esempio di questa importante eredità.
“Ingarrare”, oggi, ha vari significati, ma tutti orientati verso il “riuscire a fare qualcosa” o “fare la cosa/scelta giusta”. Sono molto comuni espressioni come “oggi nun ‘ngarro a fà niente”, per giornate in cui proprio tutto ci va storto, oppure “aggio ‘ngarrato”, quando pensiamo di essere in una scia positiva. Contrariamente, “sgarrare” significa quasi sempre “fare la scelta sbagliata”.
A differenza del primo termine, quest’ultimo ha assunto molti altri significati diversi, pur se sempre collegati al principale. “Sgarrare” con qualcuno significa “fare un torto”: in questo caso potremmo trovare anche, in sostituzione al verbo, il sostantivo “sgarro” inteso precisamente come “torto” o “colpo basso”. In altri casi, invece, “sgarrare” viene utilizzato per trasgressioni lievi o per quando si esagera nel fare qualcosa: “ho sgarrato con la dieta”, quando si mangia qualcosa di troppo, oppure “ho sgarrato col sale”, quando, cucinando, rendiamo tutto fin troppo sapido.
Questi significati sono chiari a tutti, visto che entrambi i termini sono usati quotidianamente. Rimane da chiarire, però, da dove derivano. Come concordano tutti gli studiosi del Napoletano, l’etimologia deriva direttamente dal latino. I romani usavano pesanti carri per trasportare i beni da città in città e, ovviamente, il continuo viavai di questi mezzi pesanti, alla lunga, solcava i basoli di pietra delle strade ed il terriccio dei sentieri: possiamo vedere un esempio di questo fenomeno anche fra le strade degli scavi di Pompei. Questi solchi venivano chiamati “carra“, proprio perché lasciati dai carri.
“Incarrare”, per i romani, significava far entrare le ruote del carro in questi solchi per procedere più agevolmente sul percorso, come se ci fossero delle rotaie. Col tempo, questa usanza venne usata come metafora per definire la scelta migliore, quella che avrebbe portato ai risultati giusti nel modo più agevole possibile: un modo diverso per definire la “retta via”. Col passare dei secoli “incarrare” è arrivato fino a noi trasformandosi in “ingarrare”, ma, oltre alla “g”, il significato e la metafora non sono cambiati. Per quanto riguarda “sgarrare” il discorso è semplice: il prefisso “s”, anche nella lingua italiana, viene utilizzato per intendere il contrario. Quindi, “sgarrare” è il contrario di “ingarrare”: prendere la strada sbagliata e fare la cosa meno conveniente.