Quella di Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, è sempre stata una figura molto affascinante dalla fama in continua crescita. Conosciamo Raimondo di Sangro per il suo spiccatissimo ingegno e per la sua personalità brillante ed eccentrica. Celeberrimo il mausoleo della sua famiglia dove riposa, tra le altre, un’opera dal fascino infinito come il Cristo velato.
Numerose si rincorrono le dicerie sulle sue capacità nel campo dell’alchimia. Esoterista e letterato, il principe fu anche un inventore di assoluto livello, molto prolifico, che affascinò i contemporanei del tempo con le sue invenzioni. In molti non esitarono a sostenere che i risultati ottenuti da Raimondo di Sangro, nei vari campi dello scibile umano nei quali operò, ebbero del prodigioso. Tra i tanti marchingegni che il Principe di Sansevero ideò e realizzò, si vuole richiamare l’attenzione sui suoi bellissimi orologi.
Nel XVIII secolo la Cappella Sansevero e il palazzo del principe erano messi in comunicazione da un passaggio sopraelevato. Su di esso si ergeva un piccolo tempio che al suo interno custodiva un orologio a carillon. Abbiamo notizie su questo macchinario grazie alla testimonianza settecentesca “Breve nota di quel che si vede in casa del Principe di Sansevero”. Da questo documento si evince che in un locale adiacente al ponte, che metteva in comunicazione il palazzo del principe col mausoleo della sua famiglia, vi era la “macchia dell’oriuolo” che, una volta azionata da un musicista, era in grado di dilettare i passanti riproducendo qualunque aria si desiderasse ascoltare. La musica era generata dalle campane dell’orologio ed era udibile fino a diverse miglia di distanza.
Per quanto concerne il secondo orologio abbiamo una descrizione dello stesso Raimondo di Sangro. Il meccanismo oltre a segnare le ore, i minuti, i giorni della settimana e del mese, mostrava le diverse fasi lunari. Durante la notte spuntava dall’orologio una luna luminosa che veniva raffigurata a seconda se fosse piena, crescente o calante. Nelle ore diurne, ed in particolare a mezzogiorno, uscivano, da quattro appositi varchi, delle figure allegoriche danzanti che suonavano vari strumenti musicali. In luogo del pendolo vi era un drago le cui zampe, percuotendo le campane dell’orologio, facevano rintoccare le ore ed i quarti d’ora. Purtroppo, al giorno d’oggi, non disponiamo di disegni o altro materiale che mostri quale fosse l’aspetto degli orologi.
È quasi scontato pensare che, nel XVIII secolo, tali meraviglie della tecnica precorressero i tempi e sbalordissero i contemporanei di quel preciso momento storico. Meraviglioso constatare che simili creazioni abbiano visto la luce a Napoli, generate dalla mente di uno dei figli più brillanti della nostra terra.