Francesco Mastriani: era napoletano il primo scrittore di Gialli in Italia


Se pensiamo agli esordi del “Romanzo Giallo” immediatamente ci viene in mente l’epopea di Sherlock Holmes di Sir Arthur Conan Doyle: lo scrittore inglese è ritenuto da tutti il padre dei polizieschi moderni, sicuramente il più famoso. Eppure, quasi mezzo secolo prima del successo di Sherlock, un giornalista e scrittore napoletano inventava il giallo italiano.

Francesco Mastriani nacque a Napoli, al numero 52 di via Concezione Montecalvario, il 23 novembre del 1819 da Filippo Mastriani e Teresa Cava. La famiglia apparteneva all’alta borghesia cittadina e si trovava in condizioni agiate nonostante il numero di figli: il padre aveva due figli con un’altra donna e sette figli con la moglie, di cui Francesco era il terzo.

Sin da subito appassionato di letteratura, il giovane lesse circa quattrocento classici nel corso dell’adolescenza. Tuttavia, la sua passione era osteggiata dal padre che desiderava per lui un futuro più concreto nel mondo del lavoro. Quando, nel 1836, morì la madre, il diciassettenne Francesco si vide costretto a cedere ai desideri paterni ed a trovare un impiego nel Società Industriale Partenopea di Carlo Filangieri.

Un anno dopo si iscrisse a medicina, ma mise presto da parte gli studi per intraprendere numerose collaborazioni con alcuni giornali. Alla morte del padre, nel 1842, si dedicò completamente alla carriera giornalistica e letteraria.

Nel 1840 conobbe la cugina Concetta, che sposò quattro anni dopo. La nascita della primogenita Sofia, nel 1846, corrisponde anche alla stesura e pubblicazione del suo primo romanzo, “Sotto altro cielo”, una cupa storia gotica. Negli anni seguenti il tema principale della sua produzione letteraria sarà il malocchio.

Un bisogno catartico visto che la sua vita sembrava funestata da una profonda sfortuna: perennemente in miseria, fra collaborazioni giornalistiche poco vantaggiose, insuccessi delle sue opere e sporadici lavori per tirare avanti, costretto a traslocare in continuazione con la famiglia perché incapace di pagare l’affitto. Ad aggravare il tutto si aggiunse l’epidemia di colera che colpì lui ed uccise tre dei suoi sette figli.

Questo dolore costante lo avvicinò sempre più alle classe più umili della società napoletana, di cui Mastriani divenne presto portavoce: “La cieca di Sorrento”, pubblicato nel 1852, è la prima opera a carattere sociale della sua produzione. Il lavoro che, però, ha portato lo scrittore napoletano nella storia è “Il mio cadavere”, pubblicato a puntate nel 1851. Il romanzo d’appendice, seppur non ottenne grande apprezzamento dalla critica e dal pubblico del tempo, è considerato il primo giallo scritto in Italia. L’occupazione piemontese e l’Unità segnarono una vera svolta nella produzione del Mastriani.

Dal 1863 al 1870 pubblicò quella che gli studiosi definiscono la “trilogia socialista”: tre saggi, separati fra loro, che analizzavano i disagi ed i problemi che vessavano la Napoli post-unitaria. Le tre opere furono, in ordine di pubblicazione: “I vermi. Studi storici su le classi pericolose in Napoli”, un acuto saggio sulla Camorra e su come si andasse sviluppando appoggiata dal nuovo Regno.

Il secondo fu “Le ombre. Lavoro e miseria”, una denuncia sullo sfruttamento delle donne nel mondo del lavoro ed, infine, “I misteri di Napoli. Studi storico-sociali”, un acuto romanzo che mostra tutto ciò che la società del tempo voleva nascondere. I tre lavori sono caratterizzati da un fortissimo spirito critico e da uno stampo giornalistico: il Mastriani non evita nemmeno di aggiungere nomi e cognomi delle persone che attacca e questo da un lato gli fece guadagnare la stima del pubblico, dall’altro l’odio degli interessati.

Negli anni successivi si dedicò al nascente meridionalismo, ma la sua vita continuò ad essere funestata dalla miseria e da altri lutti: morirono altri suoi figli, fra cui l’amata primogenita Sofia. Morì vecchio e povero a Napoli, nell’ultima casa in cui si era trasferito da pochi mesi, il 7 gennaio del 1891. Molte delle sue opere vennero pubblicate postume dal figlio Filippo, che si impegnò anche a raccogliere e diffondere tutti i lavori paterni, fra articoli, saggi e romanzi.

Matilde Serao, due giorni dopo la morte del Mastriani, pubblicò un accorato ricordo ed omaggio sul Corriere di Napoli che ben riassume la vita sfortunata del grande scrittore: “Questo povero vecchio che si è spento oscuramente, carico di anni e di dolori, affranto da un duro e incessante lavoro che gli lesinava il pane, tormentato da una invincibile miseria, non soccorso dalla fredda speculazione giornalistica che lo ha tanto sfruttato, soccorso dalla segreta pietà di poche anime buone, questo martire della penna era, veramente, fra i più forti e più efficaci nostri romanzieri.

“L’opera sua, formata da cento e più romanzi, appare grezza, disuguale, talvolta ingenua nella scarsezza delle risorse artistiche; e negli ultimi romanzi suoi è la fretta, lo stento, l’intima straziante pena di chi deve guadagnare, ogni giorno, quelle tre o quattro lire che gli davano: ma da tutta quanta l’opera sua, considerata insieme, emana una così fervida potenza d’invenzione che ha rari riscontri”.

Fonti: sito ufficiale dedicato a”Francesco Mastriani”,Cenni sulla vita e sugli scritti di Francesco Mastriani”, di Filippo Mastriani, “Un romanziere popolare a Napoli”. di G. Algranati


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