L’eco della rivolta francese che costò la vita ad alcuni immigrati italiani raggiunse velocemente il nostro Paese nell’agosto del 1893 scatenando numerose sommosse popolari nelle maggiori città italiane. Da Milano a Genova, da Roma a Napoli, le masse popolari si riversarono in strada per manifestare contro il massacro di chiarissimo stampo xenofobo avvenuto nelle saline di Aigues-Mortes, città a sud-est della Francia, dove lavorava un consistente numero di operai stagionali italiani al fianco di quelli francesi.
Tra il 16 e il 17 agosto scoppiò la rivolta fomentata anche dalla stampa che dipinse gli immigrati provenienti soprattutto dal Piemonte e dalla Toscana come sporchi, tristi e straccioni. Gli italiani furono principalmente accusati di sottoporsi allo sfruttamento dei padroni provocando il mancato impiego dei francesi che da tempo si contrapponevano a certe pratiche. Gli immigrati toglievano il pane dalla bocca dei francesi: a poco a poco questa idea penetrò tra le masse e gli strati più diseredati della società transalpina che decise di ammazzare l’oppresso operaio italiano ritenuto, invece, un oppressore della classe operaia francese.
Le prime ripicche sul luogo di lavoro consentirono la produzione di pericolosissime false notizie che in breve tempo si propagarono all’esterno. Gli italiani avrebbero ucciso degli operai francesi, la diceria che scatenò l’inferno dando luogo ad uno dei più ripugnanti massacri razzisti raccontati dalla storia europea. La Francia pensò di correre ai ripari impegnandosi nell’immediata espulsione degli stagionali perseguitati dalla folla, ma l’esercito che avrebbe dovuto scortare gli immigrati fino alla stazione arrivò con molte ore di ritardo. I rivoltosi gettarono pietre e spararono contro gli italiani provocando la morte di 10 persone.
In Italia scoppiarono diversi tumulti nei giorni successivi al massacro e anche Napoli fece la sua parte a partire dal 23 agosto. Tre giorni di agitazione, segnati dalla presenza ingombrante quanto oscura della camorra che guidò la sommossa popolare celandosi dietro a ragioni patriottiche. In realtà le cause che spinsero le masse popolari ad aprire il fuoco delle devastazioni si legavano prevalentemente alla miseria e agli interessi dei cocchieri da nolo avvinti da tempo alla criminalità organizzata. A scendere per le strade anche alcuni amministratori locali che li spalleggiavano, perché avevano vinto le elezioni grazie ai voti della camorra. Come era accaduto in Francia, anche in Italia i giornali riportarono notizie inesatte provocando la collera popolare. I lanci delle agenzie narravano di bambini uccisi, impalati e portati in trionfo per le strade.
I tre mila cocchieri proclamarono lo stato di agitazione contro il comune di Napoli che aveva firmato una convenzione con una società belga di tram. L’accordo prevedeva l’estensione del servizio tramviario in altre zone della città, motivo per cui i cocchieri venivano colpiti nei propri interessi. La rivolta infuriò con la polizia impegnata a respingere i tumulti. Durante alcuni scontri gli agenti ferirono dei dimostranti e ne ammazzarono uno, il figlio di un operaio.
L’escalation di violenze convinse gli amministratori locali ad una tregua sconfessando in parte la convenzione stipulata. Le tratte dei nuovi tram venivano limitate per placare gli animi della rivolta. L’accordo consentì l’epilogo della sommossa popolare e solo quando fu definitivamente sedata, la convenzione fu ripristinata così come era stata formalizzata in origine.
Fonti:
Storia della camorra di Francesco Barbagallo (paragrafo “La rivolta popolare dell’estate 1893)
Quel massacro dimenticato degli operai italiani nelle saline francesi di Espresso. repubblica.it