Napoli – Abbiamo ormai imparato che spesso nella lingua napoletana per offendere qualcuno si utilizzano metafore per “addolcire” il tutto. Il termine “lumera” è una di queste parole che oscillano fra l’offesa vera e propria ed una semplice canzonatura. In genere viene usato per apostrofare una donna molto volgare, che subito “parte in quarta” e si infervora iniziando a urlare nel modo peggiore possibile.
“Lumera” sembra non avere nulla a che fare con tutto questo. Per capire il nesso bisogna arrivare all’origine del termine. Nella lingua italiana lo troviamo utilizzato da Dante, nel IX canto del Paradiso: “Tu vuo’ saper chi è in questa lumera / che qui appresso me così scintilla”. Nell’esempio dantesco sta ad indicare una luce molto intensa. Benché il significato nel napoletano sia ben diverso dall’aulica “Divina Commedia”, si tratta di un importante punto di partenza.
La parola, infatti, può essere ricondotta al latino “lumen” (luce) e sta ad indicare qualcosa che fa luce. “Lumera”, in napoletano, ha un altro significato: indica la miccia di una candela, quella che appunto prende fuoco ed emette luce. Qui si trova la metafora alla base dell’offesa. Una donna volgare è paragonata alla miccia di una candela, la “lumera” appunto, che per un nonnulla si “accende”, in questo caso a livello emotivo, e fa fuoco e fiamme.