‘O Paraustiello napoletano: alla scoperta delle sue origini


Se siete soliti imbastire discorsi contorti, accampare scuse insostenibili e arrampicarvi sugli specchi, beh, non c’è alcun dubbio, siete proprio dei paraustielli. Questo, infatti, un antico e forse poco conosciuto termine napoletano per indicare chi fa discorsi capziosi, ipocriti e bugiardi. Nello specifico, con lo stesso termine si può indicare sia la persona sia l’atto da essa compiuto. Per cui con paraustiello ci si può riferire anche a una scusa poco credibile, utilizzata per convincere il nostro interlocutore di qualcosa di insostenibile.

Almeno tre le ipotesi etimologiche riferite al termine paraustiello. La prima vorrebbe questa parola derivante dallo spagnolo “para usted”, traducibile con “per voi”, e sarebbe un antico saluto diffuso nella Napoli spagnola quattrocentesca, pronunciato dai popolani di fronte ad un signorotto incontrato tra i vicoli della città mentre ci si faceva da parte per farlo passare.

Altra ipotesi, probabilmente la meno accreditata, risale  alla spiegazione data da Luigi Casale: “paraustiello” sarebbe un diminutivo del calco della parola paraòne, paravone (paragone). Cioè da “paragone” deriverebbe il napoletano “paravone”; e da questo, “paravustiello” o “paraustiello”.

Quella più accreditata, invece, è ritenuta la spiegazione di Raffaele Bracale, il quale fa risalire il termine in questione al greco “parastasis”, ovvero un’esposizione dei fatti utile a far comprendere, tendeva a rappresentare – in senso positivo – un esempio, una spiegazione, un chiarimento. Con il passare del tempo, tuttavia,  ha assunto un significato negativo per rappresentare un discorso macchinoso e pretestuoso volto a a persuadere, il più delle volte in modo furbo.


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