Antonio Canova è sicuramente uno degli artisti italiani più amati di tutti i tempi, scultore neoclassico che ha saputo coniugare di più dolcezza e sensualità nelle sue opere.
In questi giorni è in corso la mostra al Museo Archeologico Nazionale, “Canova e l’antico”, che porta a Napoli le opere esposte all’Ermitage di San Pietroburgo, tra cui la più famosa “Tre Grazie”.
Ma il legame dello scultore con Napoli fu da subito forte. Rimase stregato dal Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino quando per la prima volta lo vide nella Cappella Sansevero. Un’opera che lo segnò per l’intera esistenza, tanto da ossessionarlo e spingerlo sempre verso la ricerca della perfezione: “Dieci anni della mia vita pur d’essere lo scultore del Cristo Velato” diceva.
Canova scolpì a Napoli varie opere tra cui la statua gigantesca in marmo di re Ferdinando I delle Due Sicilie (IV di Borbone) esposta al Museo Archeologico. E’ il “Ferdinando come Minerva”. Il re è rappresentato alla maniera delle statue imperiali romane, avvolto in un mantello e con il capo coperto dall’elmo di Atena.
L’inaugurazione della statua avvenne il 7 febbraio del 1822, stesso anno di morte del Canova, morto il 13 ottobre. Il clima dopo l’Unità d’Italia porterà a tenere nascosta la statua di Ferdinando scolpita dal Canova, come tanti altri gessi e busti. Il“Ferdinando come Minerva” viene riportato in una interessante fonte: “Poiché tornò, comunque in parte, la quiete del regno, il re, sperando il giudizio dei posteri da pietra muta che dalle sue leggi e dalle istorie, diede l’incarico all’insigne scultore Antonio Canova di ritrattarlo in marmo, in forme colossali e in fogge di guerriero” (Pietro Colletta, “Storia del Reame di Napoli, Sansoni, ed. consultata S.a.r.a, 1992, p. 284).
Giuseppe Pavanello, uno dei massimi esperti del Canova e curatore della mostra del MANN, racconta che l’artista venne più volte a Napoli e dunque il desiderio di ammirare le bellezze e le opere d’arte della città, di conoscere le antichità “ercolanesi” e di Paestum, spinse il giovane scultore a recarsi a Napoli. Proprio durante questi viaggi re Ferdinando intuendo la grandezza dell’artista gli commissionò l’opera.
Il sovrano voleva rilanciare l’immagine di Napoli, città di fondazione greca, come la nuova Atene e nuova Roma, in cui convivevano l’antico – dagli scavi ercolanesi alla raccolta di marmi farnesiani – e il moderno: e pure qui le collezioni Farnese giocavano un ruolo essenziale. La statua di Ferdinando IV ebbe una storia complessa, e, sebbene Canova si fosse alacremente messo al lavoro – tanto che già nell’ottobre 1800, dopo il modellino in gesso di Possagno, era compiuto il modello colossale e nel 1803 anche la sbozzatura del marmo – l’avvento sul trono napoletano della dinastia Bonaparte nel 1806 determinò un brusco arresto dell’impresa.
Si dovette arrivare al 1815, al ritorno quindi del legittimo sovrano a Napoli con il nome di Ferdinando I re delle due Sicilie, perché si parlasse di riprendere l’opera, terminata quattro anni dopo, e spedita via mare a Napoli alla fine del 1819. Nel 1821, finalmente, la gigantesca statua veniva collocata nel Museo Borbonico (ex Palazzo degli Studi; l’attuale Museo Archeologico Nazionale), a cura dell’architetto Pietro Bianchi, nel luogo indicato da Canova stesso: una nicchia dello scalone monumentale, dove da poco è finalmente tornata.
Canova, volle dare alla statua un’immagine di severa grandiosità e per l’altezza, lo scultore prende ancora a modello l’Ercole Farnese, che superava i tre metri come farà di lì a poco anche per la statua di “Napoleone I come Marte
pacificatore”. L’attenzione dell’artista si focalizza sul panneggio che ammanta la figura del sovrano, con il braccio sinistro puntato sul fianco, interamente nascosto nella stoffa. Ma si tratta pur sempre di un ritratto: ecco allora emergere il volto icasticamente caratterizzato.
FONTI:
– cartella stampa www.museoarcheologiconapoli.it
– Civiltà dell’Ottocento, dai Borbone ai Savoia, catalogo della mostra tenuta a Napoli e Caserta
nel 1997-1998, Electa Napoli, 1997
– www.neoborbonici.it