Nell’antichissima acropoli di Cuma, è venuta alla luce l’antica tomba del vescovo Aurelio. Il reperto è stato scoperto attraverso gli scavi condotti dal Dipartimento di Lettere e beni culturali (Dilbec) dell’Università Luigi Vanvitelli. L’incisione sul monumento è molto chiaro: le lettere recitano “Ego Aurelius”, poi la sigla “Eps” di “Episcopus ”. La traduzione dell’antica iscrizione è “Io, Aurelio, vescovo”.
Al terrazzamento del sito archeologico dell’acropoli di Cuma, specificamento al settore h del tempio di Giove, hanno lavorato trentadue studenti, tra archeologi e archittetti, guidati dal professore di Archeologia classica dell’ateneo campano, Carlo Rescigno. Gli scavi sono durati più di un mese, tra fine giugno e inizio agosto. L’equipe ha alloggiato nelle due storiche masserie limitrofe del Parco archeologico dei Campi Flegrei. I risultati degli scavi hanno stupito tutti, ma non per la sepoltura di un vescovo in un tempio pagano.
Il fascino della nuova scoperta è nella statigrafia archelogica. Infatti, sulla sommità dell’acropoli “in meno di un metro di profondità, – racconta Rescigno al quotidiano La Repubblica – si sovrappongono venti secoli: era greca, italica, romana e medievale. In ognuna di esse, questo luogo è stato il centro spirituale della città”. Altresì, nel Medioevo, Cuma si trasformò in un villaggio fortificato. Ma, nel 1207 l’esercito assoldato da Napoli con Goffredo di Montefuscolo cacciò i pirati dalla fortezza e l’area era disabitata.