La storia di Villa Pontano: l’antico giardino delle Esperidi del Vomero
Dic 20, 2019 - Marco Ciotola
Villa Pontano, via Annella di Massimo
Un giardino delle Esperidi nel cuore del Vomero. Camminando lungo via Annella di Massimo, nel borgo di Antignano, è possibile scorgere la quattrocentesca Villa Pontano, antica dimora bucolica di uno dei principali umanisti del XV secolo: Giovanni Pontano.
Originario di Cerreto di Spoleto, la vita del Pontano fu inscindibilmente legata alle vicende della corte aragonese. Giunto a Napoli nella metà del quattrocento, l’umanista s’impose subito tra gli intellettuali della città, aderendo all’Accademia Porticus Antoniana. Principale circolo intellettuale dell’epoca e simbolo della vivacità culturale aragonese, l’Accademia era guidata dal poeta palermitano Antonio Beccadelli, noto come il “Panormita”. Nel 1471, con la morte di quest’ultimo, la direzione passò sotto la guida del Pontano, che ne assunse il nome tuttora utilizzato: la celebre Accademia Pontaniana.
All’epoca l’Accademia non aveva un’ubicazione precisa. A seconda delle circostanze, gli intellettuali potevano riunirsi presso il convento di San Giovanni a Carbonara, oppure presso la casa di Pontano in via Tribunali, nella zona della Pietrasanta. Altre volte ancora il circolo si riuniva nella villa che l’umanista fece costruire ad Antignano.
Pontano, infatti, fu il primo intellettuale attivo a Napoli ad allontanarsi dal centro partenopeo, per trasferirsi in quello che all’epoca era uno degli oltre trenta casali della città. L’umanista scelse un luogo agreste e appartato, distante dal fermento cittadino, che all’epoca aragonese doveva essere molto intenso. Stando alle fonti storiche, la villa del Pontano si estendeva in un territorio di ben 20 moggia (all’incirca 65 ettari), da via Annella di Massimo fino alla Chiesa di San Gennariello, nota anche come la Piccola Pompei.
Vera e propria masseria, all’interno della villa il Pontano riservò una vasta area dei suoi possedimenti all’agricoltura, piantando alberi da frutta e viti. Ma il vero e proprio fiore all’occhiello della masseria erano le coltivazioni di cedri, che il Pontano amava molto. Nelle sue Delle notizie del bello, dell’antico, e del curioso della città di Napoli, Carlo Celano così descrive la vita agricola del casale di Antignano: «E’ tutto questo luogo ricco di fertilissimi giardini, e vigne, dove si raccolgono frutta di tutta bontà, e delicatissimi vini; ed in alcune parti ve ne sono, che non hanno in che cedere alli claretti di Francia».
Nel 1490 il Pontano si dimise da primo ministro del Regno per ritirarsi nella sua villa di Antignano. Alla base di tale scelta sembrerebbe esserci stato un dissidio di ordine economico e politico. In quegli anni l’umanista svolgeva il ruolo di garante della Cancelleria del Regno ed era responsabile della retribuzione dei dipendenti. Il fisco gli impose di compensare questi ultimi con 20 ducati al mese, una cifra che Pontano ritenne un vero e proprio sopruso fiscale rispetto alle effettive entrare della cancelleria.
Nonostante tali perplessità, il re Ferrante I confermò l’ammontare del compenso, suscitando il malcontento del Pontano che si dimise da ministro ritirandosi nella sua dimora di Antignano. In seguito, con la caduta di Alfonso II nel 1495 per via dell’invasione francese, l’umanista collaborò con il nuovo re Carlo VIII, compromettendo definitivamente la sua posizione agli occhi della dinastia aragonese, che tornerà alla guida del Regno con Ferdinando II.
Il Pontano celebrò i giardini della sua villa in un poema latino, il “De hortis Hesperidum”, ovvero: “Il giardino delle Esperidi”, in riferimento alle ninfe della mitologia greca. Celebri per i loro canti, le Esperidi risiedevano in un’isola remota, al confine estremo della terra, all’interno di un giardino nel quale era piantato un albero dai frutti d’oro sorvegliato da un drago. Il sottotitolo del poema, “La coltivazione dei cedri”, è un prezioso riferimento agli alberi di cedro che il Pontano coltivava nella propria villa.
L’opera è introdotta da una celebrazione delle Esperidi, nella quale è possibile immaginare l’ambientazione campestre della villa:
Ninfe, o voi, che le correnti
Fontane, e i fiumi v’albergate, e voi
Che a’ coltivati floridi, e agli ameni
Orti di Delio sovrastate, e a’liti
Sacri alle Muse, o voi, Napee, che i colli
Di Bacco allegri, e i biondeggianti campi
Per le ricolte, e dell’alto Vesevo
Avete in cura i lochi, ove dal sole
Omai ritrarvi, e dell’insesta Stella
Por schermo ai vampi; voi qui lasse meco
De’ boschi amati vi sdrajate all’ombra,
Mentre porgon le Driadi al gram Poeta
Lor annui doni, e al gran Maron corore
Novelle intesson di umide viole,
‘Di cilestri giacinti, e di que’ molli
Mirti, che allevan del Sebeto l’acque.
Voi i gelidi fonti, e la feconda
Aura del buon Favonio invita, e insieme
Pal lito pinte le Nereidi azzurre,
Che scalze i piedi, e co’capegli al collo
Quà, e là cosparsi a suon di plettro traggono
Leggiadre danze.
Con la morte del Pontano nel 1503, le notizie relative alla villa si perdono per oltre un secolo. Sarà il Celano, nel seicento, a rendere noto che l’area fu acquistata nel 1626 da Pietro Ossoria de Figueroa, che la ristrutturò al fine di ripristinarne l’antico splendore bucolico. A testimonianza di ciò, sulla facciata della villa è ancora oggi visibile una targa seicentesca in ricordo del rifacimento.
Abbandonata nel corso del settecento, la villa fu nuovamente restaurata nel 1810 dall’architetto borbonico Antonio De Simone, come testimoniato da una seconda targa. Nel corso del novecento gran parte di ciò che era sopravvissuto dall’area agricola fu demolito, per far posto alla sciagurata cementificazione vomerese del dopoguerra.
Ciò che resta dell’antico splendore bucolico della Villa Pontano è una facciata decrepita, che difficilmente potrebbe far pensare all’oasi arcadica di un tempo, in grado di ispirare al Pontano un poema consacrato alle Esperidi.
Bibliografia
– Celano C., Delle notizie del bello, dell’antico, e del curioso della città di Napoli, Napoli 1856.
– Giustiniani L., Dizionario geografico-ragionato del regno di Napoli, Napoli 1816.
– La Gala A., L’antico borgo di Antignano, Napoli 2019.
–, Il Vomero e l’Arenella, Napoli 2004.
– Pontano G., Il giardino delle Esperidi, Napoli 1501.