Statua lignea riposta presso la prima cappella della chiesa di San Domenico Maggiore, sulla sinistra, la Madonna di zi’ Andrea è salita agli onori della cronaca (o almeno della leggenda) grazie al racconto di un frate, chiamato appunto zio Andrea, vissuto nel Seicento.
Tale frate più precisamente si chiamava Andrea D’Auria di Sanseverino e apparteneva all’ordine dei Frati Domenicani. Siccome era molto ben voluto dal popolo e dai suoi fedeli, tutti gli si rivolgevano con l’epiteto zi’ Andrea. Ebbene, la famigerata Madonna di zi’ Andrea è così chiamata per un episodio a lui accostato, che ha ovviamente del prodigioso.
In origine questa cappella apparteneva alla famiglia nobiliare dei Marchesi di Traviano della Casa Spinelli ed era dedicata a Santa Margherita, ma nel corso del Seicento, il patronato fu ceduto alla famiglia napoletana de’ Franchis. Con Tommaso de’ Franchis la cappella prosperò fino ad assumere lo stile attuale, impreziosita da forme barocche e ingrandendosi con l’annessione di una nuova cappella attigua, donata ai de’ Franchis da Ferdinando Gongaza.
I lavori iniziati nel 1637 terminarono nel 1652, furono affidati ai marmorari Andrea Malasomma e Costantino Marasi, che inscenarono il magnifico gioco barocco che si evince nella cappella, mentre gli affreschi (andati persi) furono realizzati da Belisario Corenzio.
Il marchese de’ Franchis, affamato d’arte, volle completare l’opera con un capolavoro, commissionando nel 1607 al grande Michelangelo Merisi, il Caravaggio, una tela d’altare raffigurante la Flagellazione di Cristo, una delle più belle realizzate dall’artista e oggi custodita al Museo di Capodimonte.
Zi’ Andrea la fece sostituire con la predetta opera lignea, realizzata dall’artista Pietro Ceraso nel 1675 (inizialmente vi era anche un bambinello tra le braccia della Madonna, poi rubato nel 1977). Questa gli era stata commissionata da una misteriosa dama e inizialmente era proprio a questa destinata. Quest’ultima, però, terminato il lavoro, la rifiutò, perché non soddisfatta appieno del volto del manufatto. Il frate, tuttavia, decise comunque di tenere per sé la statua, la quale il mattino seguente ritrovò con un volto decisamente più grazioso.
Fonti:
– www.grandenapoli.it