Cultura

La bellezza al tempo dei Romani: trucco e abbigliamento di donne e uomini

La storia e le vicende della città di Roma la vedono protagonista dal momento della sua fondazione, nel 753 a.C. fino alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C., e questo momento storico non solo segna la fine dell’Impero ma convenzionalmente lo si fa coincidere con l’inizio dell’epoca medievale.

Questo arco temporale abbraccia tre periodi fondamentali per la storia di questa città, il periodo arcaico, quello repubblicano e infine quello imperiale. A cavallo tra il III e il II secolo a.C. Roma iniziava la sua ascesa al potere, espandendo la sua egemonia in tutto il Mediterraneo, con una conseguente contaminazione anche negli usi e nei costumi del tempo. Ma diamo un’occhiata a quello che succedeva un po’ più da vicino.

I rigidi principi dei patres, amanti della sobrietà e dell’eleganza, lasciarono ben presto il posto all’adorazione di beni effimeri e superflui dando inizio a quello che sarebbe stato un aureo periodo per quanto riguarda la cosmesi. Abbiamo diverse fonti dalle quali attingere per avere informazioni riguardanti le pratiche cosmetiche romane, ad esempio la “Naturalis Historia” di Plinio il Vecchio, è una sorta di enciclopedia che racchiude tutte le proprietà delle erbe e prodotti naturali, mentre dal “De medicamine faciei feminae” di Ovidio ritroviamo tutte le notizie su quelle che erano le pratiche cosmetiche, e così come i loro vicini greci, anche gli uomini romani preferivano una bellezza naturale.

Alle terme, luogo frequentato da ogni ceto sociale, il corpo veniva lavato e dopo l’igiene, ovviamente, si passava al trucco. La cosmesi (dal greco kosmeo – adornare) si distingueva in ars ornatrix, che si occupava della cura terapeutica della pelle e veniva fatto largo uso di maschere, unguenti e balsami; e ars fucatrix, che era l’arte del trucco ingannatore. Il trucco delle donne romane era caratterizzato da intensità e stili differenti, frutto delle contaminazione dei vari popoli, ma era anche un segno distintivo delle diverse classi sociali di appartenenza, così come lo era possedere cosmetici, strumenti e personale addetto alla toeletta. Le “Cosmetae” erano le schiave addette alla preparazione dei cosmetici e la donna ricca la “Domina” veniva coccolata da più di una ancella, veniva truccata, massaggiata e depilata. Il viso veniva curato con creme alla lanolina e si faceva largo uso di maschere per il viso, la più in voga era quella ideata da Poppea a base di latte d’asina per avere la pelle liscia e chiara, ma non mancavano altre preparazioni a base di placenta di mucca per l’acne, fiele di toro e asino per le macchie, il burro per i brufoli, il bicarbonato per cicatrizzare e gli estratti di genitali di vitello per le dermatiti! All’ars fucatrix appartenevano i cosmetici veri e propri primo fra tutti era il fondotinta e le donne romane non uscivano mai senza.

Era un prodotto a base di miele, sostanze grasse, cerussa (che dava luminosità) e una piccola quantità di pigmento rosso per mantenere l’incarnato roseo. Dopo il fondotinta si applicava una polvere di ematite per risaltare ancora di più la luminosità e infine su tutto il corpo si cospargeva di cipria (farina di fave) il lomentum. Talvolta si utilizzavano anche nei finti che in base al loro posizionamento assumevano un significato specifico.

Per completare il trucco le donne romane solevano tingersi le guance di rosso, mentre gli occhi erano bordati di nero con polveri o con il khol egizio e quest’ultimo era usato anche come mascara. Sulle palpebre venivano usati ombretti colorati di origine minerale e le sopracciglia erano ben delineate piuttosto tonde e ravvicinate alla greca. Infine il rossetto per le labbra era rosso, di gran moda presso i romani, ed era ottenuto dal fucus, un’alga rossastra, da minerali come il cinabro, solfuro di mercurio, o dai molluschi da cui si estraeva la porpora. I romani avevano una gran cura anche dei loro denti, usavano dentifrici a base di bicarbonato, salvia, pietra pomice o soda. Le donne romane amavano tingersi i capelli e i colori in voga erano il nero, ottenuto con il mallo di noce, il biondo, il rosso, il biondo rame e non mancavano colori azzardati come l’azzurro e l’arancione spesso portati da donne di malaffare, esattamente come il trucco pesante! Queste tinture però alla lunga rovinavano i capelli e presto si diffuse l’uso delle parrucche, realizzate con pettinature complesse e di dimensione talvolta faraoniche. Infine le mani, le romane avevano cura anche del dettaglio, facevano la manicure e tingevano le unghie con l’henna. A quanto pare gli uomini non disdegnavano affatto interventi cosmetici per apparire più belli e seducenti.

Il “Dominus”, infatti, era solito farsi fare la barba dal proprio schiavo, dopodiché passava a epilarsi, utilizzando una pinzetta, le sopracciglia e i peli superflui di collo e nuca, e in casi eccezionali alcuni uomini ricorrevano addirittura alla ceretta a base di pece e resine. Anche gli uomini come le donne tingevano i capelli, ovviamente per coprire quelli bianchi, alcuni ricorrevano al riporto in presenza di calvizie, mentre altri utilizzavano parrucchini o toupet. Esistevano già al tempo lozioni miracolose per la ricrescita ma erano ovviamente del tutto inefficaci!

Per quanto riguarda la moda del tempo, il capo d’abbigliamento più indossato era la tunica, una intima e l’altra esterna, ma il capo più conosciuto in uso presso i romani era senza dubbio la toga. La toga poteva essere indossata solo da chi era cittadino romano e chiunque fosse stato condannato all’esilio perdeva lo jus togae. I ragazzi romani fino ai quindici anni indossavano la toga praetexta orlata da un nastro purpureo e al compimento della maggiore età, ossia tra i quindici e i diciassette anni, acquisivano il diritto di vestire la toga virilis bianca. Chi era candidato indossava la toga candida mentre chi aveva subito un lutto la toga pulla grigia o nera. E tutti venivano sepolti con la toga che avevano indossato in vita. Questo abito era di lana bianca molto pesante in quanto il metraggio utilizzato era molto sostanzioso. I cittadini comuni indossavano la toga solo in occasioni formali mentre per i senatori era un segno distintivo, la loro era bianca con una striscia porpora. A completare l’abbigliamento vi erano le scarpe di diverse fogge: le solae una sorta di sandali con i lacci, le crepidae sandali di cuoio intrecciato, i calcei scarpe con corregge intrecciate e le caligae stivaletti chiusi.

Le donne invece indossavano come indumenta il perizoma, una fascia per il seno e una o più tuniche subuculae di lana o di lino senza maniche, al di sopra si indossava  il supparum era ornato da fibule o cammei che fungevano da blocco per la stola che ricadeva sulle braccia a formare delle maniche e una cinta in vita il cingulum che formava uno sbuffo di stoffa che rendeva l’abito più ricco. Le giovani romane indossavano invece la recta una tunica bianca stretta in vita e leggermente scampanata. L’abito nuziale delle romane invece consisteva in una tunica bianca lunga fino ai piedi e stretta in vita dal cingulum herculeum, i cui capi erano fermati da due nodi contro il malocchio, che il marito scioglieva la notte delle nozze. Sopra si indossava la sopraveste color zafferano e ai piedi dei sandali dello stesso colore. I capelli erano acconciati in sei trecce raccolte in una reticella e il capo era coperto dal flammeum un velo rosso che nascondeva il viso.

Possiamo sicuramente affermare che i Romani amavano prendersi cura di se stessi e non solo in ambito cosmetologico ma anche nell’abbigliamento vi era una certa ricercatezza, e questo valeva sia per le donne che per gli uomini! E dunque se questa introduzione alla bellezza al tempo dei Romani vi ha incuriosito restate con noi per scoprire altri interessanti tricks and tips! A presto…