Le critiche a Natale in Casa Cupiello del regista Edoardo De Angelis, andato in onda ieri sera, sono cominciate prima della messa in onda stessa della commedia. La scelta più contestata è stata quella di affidare il ruolo di Luca Cupiello a Sergio Castellitto, “colpevole” di non essere napoletano e non padroneggiare in maniera perfetta la lingua. Rimproveri divenuti ancora più accesi al termine della commedia, quando si è potuto sviscerare singolarmente ogni minimo difetto dell’interpretazione.
Quella che si è palesata, soprattutto attraverso i social, è l’abitudine di vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto tralasciando – al contrario – il significato di aver portato Eduardo De Filippo in prima serata sulla Rai. Il Napoletano di Sergio Castellitto era, ovviamente, tutt’altro che perfetto ed anzi piuttosto italianizzato; il gesticolare non era corrispondente alla perfezione a quello partenopeo verace. Anche sui tempi delle battute forse si potrebbe dire qualcosa, eppure l’attore romano ha fatto un lavoro eccezionale perché è riuscito a rendere un Lucariello apprezzabile ma diverso da quello eduardiano. Si è confrontato con un mostro sacro dell’arte e non ha sfigurato: per interpretare il ruolo più emblematico di Eduardo, il cui nome sarà vivo nei secoli a venire come quello di Shakespeare, bisogna essere più che coraggiosi, quasi incoscienti.
Non dimentichiamo che la lingua napoletana ed il suo gesticolare sono così, oggi, dopo un processo che affonda le proprie radici nelle origini greche di Napoli e durato, per questo, la bellezza di tremila anni. Alla luce di ciò, si può ben perdonare l’imperfezione di Castellitto. Si può obiettare: “Non si poteva affidare il ruolo a un attore diverso, napoletano?”. Certo che si poteva, ma avrebbe avuto lo stesso impatto mediatico? Il nome di Sergio Castellitto, proprio per l’immensa bravura dell’attore, è quello più idoneo a creare un pubblico più ampio possibile. Se Castellitto serve (anche) a napoletanizzare il resto d’Italia, allora è giusto rinunciare ad un po’ di veracità. Regina Bianchi racconta che proprio Eduardo, seppure in merito ad un’altra questione, le diceva che nella vita bisogna esigere metà paga e metà gloria. Non si può avere tutto. Se vogliamo un Natale in Casa Cupiello verace, corrispondente alla visione di Eduardo in tutto e per tutto, beh, guardiamo quello di Eduardo. Nessuno ha detto che dobbiamo rinunciare alla versione originale e sostituirla con questa.
L’arte di Eduardo è talmente immensa che merita di vivere ancora, ben venga che sia italianizzata se questo significa renderla accessibile al resto d’Italia, piuttosto eduardianamente analfabeta. Dalle Alpi a Lampedusa ieri sera tutta Italia ha parlato Napoletano, e non fa niente se non è quello verace dei Quartieri Spagnoli, del Rione Sanità, di Santa Lucia, di Forcella. L’importante è aver portato un po’ Napoli in quasi ogni casa. Lo stesso Eduardo De Filippo era favorevole a rendere più accessibili le sue opere, lo ha detto e lo ha fatto egli stesso. È celebre il video della presentazione, a Milano, del piccolo Luca De Filippo prima di una rappresentazione di Miseria e Nobiltà: “Quello che dovete capire noi faremo capire. Il resto, cioè durante le litigate, quando ci sono le scene di insieme, sono vocii, sono mugolii, è musica, è panorama di Napoli. Fate conto di trovarvi in arrivo a Napoli e sentire quel classico vocio del quale non potete decifrare ogni parola, ogni battuta. Vi ripeto: quello che serve all’economia della commedia ve lo faremo capire noi”.
Eduardo in persona, dunque, cosciente che non tutto il mondo è madrelingua napoletano, ha adattato le sue commedie al pubblico che aveva di fronte. L’Arte, infatti, non deve essere riservata ad una setta, ad una élite, ma deve essere inclusiva e comunicare valori universali.