La poetessa di Chiaia: Benedetto Croce racconta la storia di Laura Terracina

Benedetto Croce e la poetessa Laura Terracina


Napoli è piena di storie e che si tratti di racconti di uomini, donne, luoghi, palazzi, re o regine non fa differenza: le storie che Napoli conserva e tramanda sono sempre estremamente affascinanti. Tra i tanti che hanno tramandato le storie e le leggende del capoluogo partenopeo e del Sud Italia in generale, è sicuramente da ricordare uno degli storici e filosofi italiani per eccellenza: Benedetto Croce (1866-1952).

Croce, nel suo volume del 1919 “Storie e leggende napoletane”, ha racchiuso in un unico testo 19 storie diverse su personaggi e/o luoghi di Napoli scritte negli anni precedenti. Tra quelle riportate da Croce in quest’opera ricordiamo la sfortunata esistenza della regina di Napoli Isabella del Balzo, la leggenda su Nisida e la novella di Andreuccio da Perugia.

Un’altra storia riportata dal massimo esponente dello storicismo in questo volume, però, è quella di una poetessa napoletana poco conosciuta che si chiama Laura Terracina. Di lei si potrebbe parlare come della “poetessa di Chiaia” dato che, a suo tempo, risiedeva nella proprietà di famiglia, la “torretta dei Terracina” che si trovava in cima a quella che era la via Cupa andando in salita a sinistra a partire dalla Riviera di Chiaia.

Dallo spiazzo in cui si trovava la torretta, a sinistra si scorgeva la collina di Pizzofalcone e, in lontananza, il Vesuvio. Era proprio in questa tenuta di famiglia che Laura riceveva le visite degli amici letterati napoletani e non ed era “dalla Piaggia” o “dalla Piaggia di Chiaia” che era solita datare le sue lettere e le sue opere poetiche. Poco si conosce invece sulla vita di Laura.

Più che incerta, la biografia della poetessa non è stata ben costruita: se i critici avessero letto per bene le sue opere, le notizie sulla sua esistenza sarebbero venute fuori da sole direttamente dalle sue rime. Ad esempio, per congettura, si pone la data di nascita della Terracina nel 1525 ma ella stessa in un suo sonetto dice di esser nata nel 1519 a Napoli: “Nacqui – scrive Laura – di pover seme (anche se, in realtà, la sua famiglia faceva parte dell’alta borghesia napoletana, ndr) nella più dolce et vaga Città del mondo”.

La poetessa ebbe di sicuro due fratelli: Giacomo ricoprì la carica di giustiziere della città di Napoli e Mariano fu abate di un convento a Taranto. La madre si chiamava Diana Anfora ed era originaria di Sorrento e il padre, Paolo Terracina, si dice fosse morto alla veneranda età di “cento et dieci anni”, probabilmente dopo il 1567. Ma la domanda più frequente sulla biografia di Laura Terracina è: la poetessa ha avuto o non ha avuto un marito?

Ebbene, la risposta è sì. Si chiamava Polidoro Terracina, era un suo parente e Laura non perdeva occasione per citarlo in epistole e poemetti già da prima che diventasse suo marito. Nonostante ciò, il loro amore non fu privo di gelosia da parte di lui: Laura veniva spesso corteggiata (di se stessa dice “Né brutta fui, né pur cotanto bella”) e una certa tenerezza si nota nelle rime e nelle epistole che scambiava con un certo Giovann’Alfonso Mantegna di Maida. Il tutto, però, è troppo poco per affermare che l’uomo fosse l’amante della poetessa di Chiaia.

Ma passiamo all’attività letteraria della poetessa Laura Terracina: la donna fece la sua comparsa sulla scena poetica non prima dei ventisei anni e fu il libraio napoletano Marc’Antonio Passero a iniziare a tessere in giro le sue lodi e ad esortarla a continuare a scrivere. Le opere della poetessa ufficialmente pubblicate sono nove: le cosiddette “Prime rime” furono pubblicate nel 1548.

Le “Rime seconde” furono pubblicate l’anno successivo a Firenze e, nello stesso anno, furono pubblicate anche le “Terze rime” che, in realtà, s’intitolano “La prima parte dei discorsi sopra le prime stanze de’ canti d’Orlando furioso”. Nel 1550 furono pubblicate le “Quarte rime” e nel 1552 le “Quinte rime”, entrambe a Venezia. Le “Seste rime”, invece, furono pubblicate nel 1558 a Lucca e poi ristampate a Napoli.

Le “Settime rime” sono state lungamente messe in dubbio ma, in realtà, sono state pubblicate a Napoli nel 1561 col titolo di “Settime rime sovra tutte le donne vedove di questa nostra città di Napoli titolate et non titolate”: insomma, si trattava di un omaggio o una lode a tutte le donne vedove di Napoli. Le “Ottave rime”, invece, pubblicate nel 1567, portano il nome di “Seconda parte dei discorsi sopra le stanze de’ canti d’Orlando furioso”. Col titolo “None rime”, infine, s’intende un’opera dedicata al cardinale Ferrante de’ Medici nel 1577.

Nonostante la copiosa produzione poetica, Benedetto Croce nel suo racconto della vita di Laura Terracina certamente non la esenta da critiche. Per Croce, infatti, i versi della Terracina “mancano di qualsiasi pregio poetico e hanno assai scarso anche quello letterario perché […] si dimostrano per solito rozzi e scorretti. La Terracina non era né poeta né letterato elegante, ma piuttosto, un precone di lodi”.

Anche le sue operette sull’Orlando furioso sono, per Croce, insulse nonostante la donna fosse membro dell’Accademia degli Incogniti napoletana con lo pseudonimo di Febea e fosse molto stimata dalla ben più celebre Vittoria Colonna. Insomma, Laura Terracina più che una vera poetessa risulta essere una brava tessitrice di lodi per le più disparate categorie di personaggi: dalle vedove di Napoli ai cardinali fino ai numerosi editori che vantava come amici.


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