La celebrazione del matrimonio tra Carlo di Borbone e Maria Amalia di Sassonia rappresentò una novità nel cerimoniale napoletano. Infatti, quanto ebbe luogo in occasione dell’arrivo di Maria Amalia nel giugno-luglio del 1738 colpì proprio per la sua peculiarità e novità rispetto alle occasioni festive del passato e contribuì ad arricchire la riflessione di oggi sul cerimoniale borbonico.
Maria Amalia di Sassonia (Dresda, 24 novembre 1724 – Madrid, 27 settembre 1760) appartenente alla casata di Wettin, fu, in quanto moglie di Carlo III di Spagna, regina di Napoli e Sicilia dal 1738 fino al 1759.
Maria Amalia lasciò Dresda il 12 maggio 1738, impiegando numerosi giorni prima di raggiungere il suo sposo. Il viaggio per Napoli durò infatti 34 giorni. Il 6 giugno, Carlo, alla notizia che la regina si stesse avvicinando al Regno, partì alla volta di Gaeta, dove arrivò in serata, dopo essersi fermato a pranzare a Sessa.
Nei giorni successivi, il re venne raggiunto via via dalla corte e da un numero elevato di «principi, signori e forestieri». Maria Amalia, il mercoledì 18, raggiunse Piperno, da dove inviò un corriere a Carlo «a cui la regina scrisse di proprio pugno una affettuosa e molto obbligante lettera che ricevuta dalla maestà del re, subito determinò di portarsi ai confini del Regno ad incontrarla e riceverla».
Dunque, il re lasciò Gaeta per trasferirsi a Portella, dove era previsto l’incontro dei giovani sposi all’interno di un padiglione con due ingressi: uno che dava sullo Stato pontificio e dal quale doveva entrare Maria Amalia, l’altro che dava sul Regno e dal quale sarebbe uscita la coppia regale al termine dell’incontro. Il padiglione segnava quindi il passaggio di Maria Amalia dalla terra straniera al Regno di cui sarebbe diventata regina grazie al matrimonio.
I padiglioni innalzati nei luoghi di confine e che le spose regine attraversavano, come segno dell’ingresso nel loro nuovo paese, appartenevano alla tradizione europea delle nozze regali. Quello eretto per l’incontro dei sovrani di Napoli, tuttavia colpiva, non solo per la magnificenza e la ricchezza impiegata, ma anche per l’assoluta brevità del suo uso.
L’arrivo di Maria Amalia fu preceduto da quello del cardinale Acquaviva e dal duca e dalla duchessa d’Atri, che si inchinarono a Carlo, il quale si fece da loro raccontare del viaggio. Il giovane sovrano fu poi molto contento di «udire gli elogi delle rare qualità che adornavano la regina sua sposa».
Di lì a poco giunse Maria Amalia, la quale scese dal carrozzino al braccio del duca di Sora. Venne dunque introdotta nel padiglione al cui centro vi era Carlo. Questo fu il primo incontro tra i due sovrani e dunque possiamo immaginare la loro trepidazione, in quanto avrebbero dovuto trascorrere insieme il resto della loro vita. A pochi sovrani era toccato il privilegio di vedere la propria sposa prima del matrimonio.
Lo stesso Carlo alcuni anni prima era stato presente all’incontro tra Ferdinando e Barbara di Braganza e probabilmente aveva potuto vedere il disappunto del fratellastro alla vista della poco attraente principessa portoghese. Carlo e Maria Amalia si conoscevano solo attraverso le descrizioni fatte da altri e attraverso immagini dipinte.
Maria Amalia entrò nel padiglione e alla vista del suo sposo, accennò a gettarsi ai suoi piedi, ma Carlo la sostenne, impedendole di inchinarsi e baciandola due volte. Poco dopo, Carlo condusse «la regina sua sposa per altra porta presa per la mano al suo carrozzino», per partire «insieme con replicati reciprochi amplessi alla volta di Fondi».
I festeggiamenti per impressionare la futura regina
Giunti al palazzo reale, il cronista disse che il cortile, le scale, i corridori e le vaste anticamere erano affollate di «principesse e dame», ma soprattutto di «Uffizialità militare con abiti di splendida gala e uniformi nuovi, avendo procurato ognuno di sforzarsi in questa occasione di manifestare il proprio amore, applausi e allegrezza per sì memorabile avvenimento. Tutta la Milizia sì d’Infanteria che di Cavalleria era parimente vestita uniformemente di nuovo»
Sembra proprio che tutto ciò fosse stato realizzato per impressionare. Il cronista scrisse infatti che «queste comparse hanno dato alla Regina, nel suo primo ingresso, giusto motivo di confermarsi nella già conceputa vasta della Potenza, e Grandezza di questa Monarchia e del Monarca suo sposo»
Altro carattere fortemente presente è quello dell’illuminazione degli edifici. Le città di antico regime erano solitamente buie, ma questo genere di festeggiamenti restituiva un carattere del tutto insolito. L’entrata formale della coppia di sovrani ebbe inoltre, luogo il giorno 2 luglio, con la prosecuzione delle cerimonie fino al giorno 8 luglio.
La magnificenza del cerimoniale: la ragione politica di fondo
È evidente che quanto avvenne nelle celebrazioni per l’arrivo di Maria Amalia aveva un motivo fondamentalmente politico. Nel 1738 il dominio di Carlo sul Regno era ampiamente ancora incerto e proprio le vicende matrimoniali avevano evidenziato come da parte di Vienna non ci fosse alcuna volontà di accettare la perdita del Mezzogiorno d’Italia. Occorreva quindi dare una prova ai nuovi alleati sassoni, nonché a tutte le autorità straniere che parteciparono a quell’evento.
Quanto fu messo in atto per l’arrivo della sposa, evidenzia che per i cerimoniali, la dimensione politica era fondamentale. Le forme dei cerimoniali erano frutto di delicati equilibri e spesso tendevano a consolidare rapporti di potere. Quelle stesse forme potevano, però, subire repentine innovazioni a seguito di nuovi equilibri politici.
In un saggio sui cerimoniali cortigiani asburgici Elliott scrisse che la “capacità di alcuni sovrani fu quella di non restare prigionieri delle etichette, ma di riuscire a piegare, creativamente, le regole alle proprie esigenze”. Tutto ciò evidenzia come i Borbone di Madrid e quelli di Napoli seppero introdurre elementi che favorivano un nuovo percorso assolutistico anche nell’ambito delle etichette della corte.
Fonti:
Corte e cerimoniale di Carlo di Borbone a Napoli, a cura di Anna Maria Rao. Napoli, Federico II University Press. FedOAPress, 2020.